Tunisino morto in caserma, l’autopsia: “Gli impedirono di respirare”

Il tunisino 35enne Bohli Kayes, morto nella caserma dei carabinieri di Santo Stefano al Mare nel giugno scorso dopo essere stato arrestato per spaccio, è deceduto per una asfissia violenta causata da una pressione sulla cassa toracica. Lo ha rivelato l'autopsia che i medici hanno condotta sul copro dell'uomo e disposta dalla procura. Secondo il medico legale Simona del Vecchio che ha svolto l'analisi l'uomo è morto per "Arresto cardiocircolatorio neurogenico secondario ad asfissia violenta da inibizione dell'espansione della gabbia toracica", in sostanza la pressione sul torace ha causato prima la morte cerebrale per asfissia, poi quella fisica mentre non ci sono tracce di altre violenze sul corpo. "Sostanzialmente l'ipotesi che fa il medico legale è che nel momento dell'arresto o del trasporto in auto, dal luogo dell'arresto alla caserma, sia stato in qualche modo impedito a Bohli Kaies di respirare e di espandere la cassa toracica" ha spiegato il procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone, titolare delle indagini.
Carabinieri indagati per omicidi colposo – Secondo la ricostruzione degli inquirenti dunque I tre carabinieri che procedettero all'arresto di Kayes avrebbero intrapreso una violenta colluttazione per arrestarlo visto che l'uomo opponeva resistenza, ma dopo averlo ammanettato però gli avrebbero compresso la cassa toracica probabilmente durante il trasferimento da Riva Ligure alla Caserma di Santo Stefano al Mare. "C'e' una grossa responsabilità delle Istituzioni dello Stato per la morte di questo cittadino tunisino, perché al di là di quello che poteva aver commesso, la vita è sacra e quando un cittadino, italiano o straniero, è nella disponibilità delle istituzioni, la sua integrità fisica deve essere assolutamente tutelata" ha detto il Pm. I carabinieri che hanno condotto l'arresto sono indagati per omicidio colposo e nei giorni scorsi sono stati sentiti in Procura ma si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.