Trapani, confessa l’assassino del parroco: “Non sopportavo le sue omelie”

L'ho ucciso perché "non sopportavo le sue omelie, mi irritavano", sarebbe questa la sconcertante motivazione del presunto assassino di don Michele Di Stefano, il parroco di Ummari, un frazione di Trapani, ucciso nella canonica della chiesa con colpi di bastone il 26 febbraio scorso. Davanti alle insistenze degli inquirenti, che lo hanno interrogato tutta la notte, ha ceduto e alla fine ha confessato tutto Antonio Incandela, 33enne disoccupato residente a Fulgatore, frazione di Trapani dove don Michele era stato parroco per oltre quarant'anni. Il cerchio si era stretto intorno a lui negli ultimi giorni per questo i Pm lo hanno interrogato per diverse ore fino a farlo crollare. Descrivendo le modalità dell'azione, l'uomo ha ammesso di aver colpito il parroco con il manico di un zappa ma che non voleva ucciderlo ma solo dargli una lezione. AL 33ene infatti non piacevano le omelie che don Michele proferiva dall'altare perché abbondava troppo nei particolari sui misfatti della piccola comunità rendendo riconoscibili le identità delle persone a cui si riferiva.
Accertamenti ancora in corso – Il 33 enne con precedenti penali per incendio e danneggiamenti è considerato sano di mente e per questo è stato arrestato per omicidio pluriaggravato, oltre che per rapina avendo utilizzato il bancomat della vittima dopo l'assassinio. I pm, coordinati dal procuratore di Trapani Marcello Viola, comunque hanno spiegato che le indagini sono ancora in corso perché bisogna definire ancora alcuni aspetti della vicenda e per questo si aspetta anche la relazione finale dell'esame autoptico eseguito sulla salma del povero parroco.