Tragedia Corinaldo, uno dei buttafuori: “Ho estratto corpi e cadaveri, anche la mamma”
“Ho estratto più corpi che potevo”. È drammatico il racconto di Gianni Ermellini. Venerdì sera era in servizio come addetto alla sicurezza nella discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, dove si è consumata la tragedia. Intervistato da Il Resto del Carlino, il buttafuori ricorda quei momenti concitati, subito dopo il crollo della balaustra, quando è accorso per estrarre i corpi dalla calca. Quanti? Impossibile dirlo. Le mani di Gianni non hanno smesso di muoversi un solo secondo, posso, cercando di strappare alla morte più vite possibile: "Sono arrivato sul posto dove era ammassata la gente e ho cominciato a tirarne fuori da quella trappola più che potevo. Pensavamo solamente a salvare chi era finito sotto".
Tra loro anche Eleonora, la mamma 39enne che aveva accompagnato la figlia di 11 anni a vedere il concerto di Sfera Ebbasta. “L’ho soccorsa – racconta l’uomo – l’ho tirata fuori e l’ho portata all’ambulanza. Non ho capito se era viva o morta. Ho pensato, ho sperato che fosse ancora viva. In quei momenti, ripeto, come gli altri soccorritori, cercavo solo di estrarre da quella trappola tutti quelli che potevo”.
Il buttafuori ricostruisce la dinamica dell’incidente, dopo il crollo del parapetto: “Quei gradini maledetti hanno provocato la tragedia – spiega – I ragazzi e qualche adulto sono caduti lì, i gradini hanno fatto da tappo e tutti quelli che sono rimasti intrappolati sullo scivolo sono finiti nel fossato laterale”. E fornisce elementi importanti anche sul criticato servizio di sicurezza. In tutto, quella sera, “eravamo undici. Io lavoro per un’agenzia e nella discoteca c’erano altri miei colleghi. Il mio ruolo era di quello che una volta si chiamava il ‘buttafuori’”. Altro particolare dibattuto sono le persone fatte entrare rispetto alla capienza. Ermellini risponde: “Io sapevo di una capienza di 1.300 persone. Solo dopo ho scoperto che non era vero. Non rientrava nei nostri compiti questo tipo di verifica”.