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Talebani a Kabul: le ultime news sull'Afghanistan

Tommaso Claudi, il diplomatico rimasto a salvare bimbi a Kabul: “È il mio lavoro, torno quando sarà finito”

“Questo è il mio posto: come ho detto sin dal principio, io resto qui fin quando ce ne sarà bisogno. Ma non di me. Ma del nostro Paese e, per la mia piccola parte, del mio lavoro” ha dichiarato Tommaso Claudi, il diplomatico italiano rimasto a Kabul a rappresentare la nostra ambasciata e diventato simbolo dei pochi che in queste ore stanno cercando di aiutare gli afghani in un Paese in preda al caos.
A cura di Antonio Palma
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Tommaso Claudi a Kabul nelle foto postate dalla Farnesina
Tommaso Claudi a Kabul nelle foto postate dalla Farnesina
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“Non mi aspettavo tutto quel clamore dopo quella fotografia. È solo il mio lavoro”, così Tommaso Claudi, il diplomatico italiano rimasto a Kabul a rappresentare la nostra ambasciata, commenta le foto che lo ritraggono mentre porta in salvo un bimbo all’aeroporto della capitale dell’Afghanistan, scatti pubblicati ovunque e che gli hanno dato una notorietà inattesa, elevandolo a simbolo dei pochi che in queste ore stanno cercando di aiutare gli afghani in un Paese in preda al caos dove la maggior parte degli occidentali sono scappati, compresi gli ambasciatori. Una rappresentazione che lo stesso Claudi, però, rigetta. “Primo: faccio il mio lavoro. E il nostro è un lavoro di gruppo” ha tenuto a spiegare Claudi parlando a Repubblica, ricordando: “C'è il mio ministero, c'è la Difesa, c'è l'intelligence. Io sono un piccolo ingranaggio del sistema”.

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Claudi, la cui carica ufficiale è quella di Segretario di legazione all’ambasciata italiana in Afghanistan, ha assunto il ruolo di coordinatore dopo che la stessa ambasciata è stata evacuata in tutta fretta a seguito dell’entrata dei talebani a Kabul. Da quel momento per lui è iniziato un nuovo compito: in quanto unico esponente del corpo diplomatico italiano in Afghanistan, ha dovuto coordinare gli sforzi per portare in salvo i nostri connazionali e organizzare i rimpatri degli stessi ma anche per imbarcare gli afghani che hanno collaborato in questi decenni con le nostre forze armate o istituzioni nel Paese.

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In questo ruolo, con giubbotto antiproiettile ed elmetto, affiancato dai nostri militari e carabinieri, si è appostato a uno dei varchi aperto dagli statunitensi all’aeroporto di Kabul e da giorni sta mediando con americani per portare in salvo quante più persone. Lì si trovava anche quando sono state scattate le foto che lo ritraggono mentre prende in braccio un bambino, in piedi sul ciglio di un muro all’aeroporto di Kabul, nel pieno delle operazioni di evacuazione.

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Foto diventate simbolo ma che per Tommaso Claudi sono solo l’emblema della forza di una squadra. “Il nostro è un lavoro di gruppo. Il nostro unico lavoro era andare su quel muro per portare assistenza ai cittadini afghani in stato di necessità. Ecco, se devo dire che c'è un significato in quella fotografia, è quello della squadra" ha dichiarato il console. “Io sono in Afghanistan dal 2019. Ho scelto di venire qui ed è una scelta che rifarei ogni giorno” ed è stato giusto non andare via, perché “Questo è il mio posto: come ho detto sin dal principio, io resto qui fin quando ce ne sarà bisogno. Ma non di me. Ma del nostro Paese e, per la mia piccola parte, del mio lavoro. Oggi ho passato la mia giornata al gate perché è lì che dovevo essere. Certo, è un problema serio di ordine pubblico. Quelle foto, compresa quella scattata a me, sono drammatiche. Il nostro compito è di fare il possibile per gli afghani. Pensando sempre alla sicurezza del nostro personale" ha concluso Claudi.

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