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Testimone di Geova obbligata a trasfusione di sangue, Tribunale le dà ragione: risarcita con 38.000 euro

Non era mai accaduto prima d’ora, ha sottolineato la congregazione dei Testimoni di Geova: “Sentenza rilevante per regolare casi simili”. La donna era deceduta un mese dopo le quattro trasfusioni ricevute. I giudici: “Annientata la sua identità”
A cura di Biagio Chiariello
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Aveva subito una trasfusione di sangue contro la sua volontà, ora è stata risarcita con 38mila euro. I fatti risalgono al 2015 e vedono protagonista una testimone di Geova. La donna, affetta da sclerosi multipla in fase avanzata, era stata ricoverata d’urgenza presso il nosocomio di Modena in grave stato di shock emorragico.

Secondo la lettura data dai Testimoni di Geova, Dio proibisce l'utilizzo del sangue in quanto “elemento sacro”. Da qui il rifiuto sia direttamente sia tramite il marito che era stato nominato dal Giudice Tutelare quale suo amministratore di sostegno per prestare il consenso, o il rifiuto, alle cure e ai trattamenti sanitari qualora la donna non fosse stata in grado di esprimersi.

A quel punto i medici, ritenendo che la trasfusioni di sangue fosse indispensabili per salvarle la vita, si erano quindi rivolti al Tribunale che aveva negato l’autorizzazione. Nonostante questo, lo staff sanitaria aveva comunque sottoposto la donna a quattro trattamenti trasfusionali. Purtroppo non era stato comunque possibile salvarla: era morta appena un mese dopo.

Il marito aveva dunque avviato una causa di risarcimento per le violazioni subite, a cui il Tribunale di Modena ha dato ragione riconoscendo a suo favore il diritto a un risarcimento economico.

I giudici hanno evidenziato che il paziente ha “il pieno diritto di rifiutare interventi terapeutici indesiderati o contrari alle sue convinzioni religiose, sia direttamente sia per il tramite del marito, suo amministratore di sostegno” e che i medici "non possono spingersi fino a travalicare diritti inviolabili di ogni essere umano e costituzionalmente protetti".

Nel caso specifico, "a fronte di un dissenso così marcatamente manifestato hanno posto in essere un comportamento palesemente inadeguato e brutale perché hanno negato, alla stessa, una dignità nel processo del morire, imponendole decisioni terapeutiche contrarie alle sue convinzioni religiose, così annientando la sua identità".

"Il Tribunale di Modena si dimostra ancora una volta all’avanguardia nella difesa del diritto del paziente attraverso lo strumento dell’amministratore di sostegno", commenta in una nota la congregazione dei Testimoni di Geova. "Per la prima volta è stato riconosciuto il diritto al risarcimento economico a favore del paziente Testimone di Geova trasfuso coattivamente mentre si trovava in uno stato di incoscienza, e anche a favore del suo amministratore di sostegno che era stato ignorato dai medici", prosegue la nota.

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