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Covid 19

Terapie intensive in affanno in Italia, in arrivo il picco: 13 regioni oltre la soglia critica

In Italia sale la pressione sugli ospedali a causa della terza ondata della pandemia di Coronavirus. A livello nazionale è stata superata di 10 punti percentuali la soglia critica di occupazione dei posti letto in terapia intensiva dei pazienti Covid del 30%, soglia che è stata scavallata in ben 13 regioni. Tuttavia, secondo il matematico Giovanni Sebastiani del Cnr mancano pochi giorni al raggiungimento del picco dei ricoveri e degli ingressi giornalieri in area critica.
A cura di Ida Artiaco
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Preoccupa la pressione sugli ospedali in Italia, sempre più pieni a causa della terza ondata della pandemia di Coronavirus. Secondo il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac), questa settimana è atteso il picco dei ricoveri e degli ingressi in area critica, ma intanto le strutture sono sempre più in affanno. Lo confermano non solo i risultati dell'ultimo monitoraggio settimanale della Cabina di Regia ma anche i dati di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, aggiornati al 28 marzo 2021: a livello nazionale è stata superata di ben 10 punti percentuali la soglia critica di occupazione dei posti letto in terapia intensiva del 30% individuata dal decreto del Ministro della Salute del 30/4/2020, arrivata ora al 40%. Ed anche a livello locale non va meglio, con 13 regioni che hanno scavallato questa soglia.

Le regioni in cui le terapie intensive sono sotto pressione

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Sono dunque 13 le regioni che attualmente presentano una occupazione dei posti letto in terapia intensiva da parte dei pazienti Covid superiori al 30%, stabilita come soglia d'allerta dal decreto del Ministro della Salute del 30/4/2020. In Lombardia questa soglia critica dei posti letto in terapia intensiva è stata superata di oltre 20 punti percentuali, arrivando a quota 61%. Non va meglio in Piemonte (59%) e nelle Marche (59%), dove tuttavia si è registrato un piccolo miglioramento rispetto alla scorsa settimana. Attenzione anche all'Emilia Romagna (53%), alla provincia autonoma di Trento (50%), al Friuli Venezia Giulia (48%) e alla Toscana (43%), che proprio oggi è passata in zona rossa. Seguono l'Umbria (43%), la Puglia (42%), dove proprio a causa della pressione sugli ospedali il presidente Emiliano ha deciso di introdurre misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle previste per le zone rosse, e il Molise (41%). Migliora la situazione in Abruzzo, che pur rimanendo al di sopra della soglia di allerta, al 36% di saturazione delle terapie intensive, ha fatto registrare una diminuzione del numero di malati Covid ricoverati. Il Lazio è fermo al 39%: solo a Roma sono 370 i ricoverati, con l'età media scesa a 50 anni. Sulla soglia del 30% c'è la Liguria, mentre tra le Regioni con le percentuali più basse ci sono Sicilia e Basilicata.

Quando arriverà il picco dei ricoveri in TI

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Mancano comunque pochi giorni al raggiungimento a livello nazionale del picco dei ricoveri e degli ingressi giornalieri nelle unità di terapia intensiva. Secondo Giovanni Sebastiani, "raggiunto il picco della curva dei positivi ai test molecolari intorno al 14 marzo, la curva delle terapie intensive e quella dei relativi ingressi giornalieri, dopo la fase di crescita esponenziale e la successiva frenata, raggiungeranno il picco durante la prossima settimana. Questi sono gli effetti delle misure restrittive delle ultime settimane". Per questo, secondo il matematico, "è importante continuare con questa azione di contenimento della diffusione per ridurre ulteriormente l’incidenza dei positivi", giudicando rischiosa la riapertura delle scuole annunciata per la fine delle vacanze di Pasqua. "Se questo accadrà – ha concluso -, è per me molto verosimile che si replicherà quanto successo in seguito all’apertura delle scuole avvenuta a gennaio-febbraio, quando nella seconda metà di febbraio c’è stata una ripresa del contagio seguita da nuova chiusura delle scuole. Penso che sarebbe lungimirante rimandare l’apertura delle scuole al momento in cui i valori di mortalità ed incidenza si siano ridotte in modo significativo, come fatto nel Regno Unito".

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