Tangenti da centinaia di euro per “restituire” i morti: sospesi quattro dipendenti del Policlinico di Palermo

La Direzione del Policlinico Paolo Giaccone di Palermo ha disposto la sospensione cautelativa dal servizio dei quattro dipendenti in servizio presso la camera mortuaria, finiti al centro dell’inchiesta della procura per associazione a delinquere. Nei loro confronti i magistrati hanno avanzato richiesta di custodia cautelare in carcere: secondo l’accusa, avrebbero richiesto e incassato denaro per accelerare le pratiche di rilascio delle salme e altri adempimenti connessi.
La decisione arriva dopo un primo intervento adottato lo scorso 12 dicembre. “Appresa informalmente la notizia dell’indagine, l’Azienda aveva immediatamente adottato una prima misura cautelare, disponendo il trasferimento degli interessati ad altra sede”, fa sapere il Policlinico in una nota. Una misura che, alla luce degli sviluppi dell’inchiesta, non è stata più ritenuta sufficiente.
La Direzione ha quindi optato per un provvedimento più incisivo. “Alla luce dei successivi sviluppi e in considerazione della particolare gravità dei fatti contestati, che potrebbero comportare anche il licenziamento, nonché della rilevante lesione dell’immagine aziendale, nel rispetto dell’interesse pubblico e del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, la Direzione ha ritenuto che la precedente misura non fosse più sufficiente”, si legge nella comunicazione ufficiale. Da qui la sospensione dal servizio, con la riserva di adottare ulteriori determinazioni dopo la decisione del gip e la conclusione del procedimento disciplinare. Gli atti sono stati nel frattempo trasmessi all’Ufficio procedimenti disciplinari dell’Università di Palermo, amministrazione di appartenenza dei dipendenti coinvolti, “sebbene attualmente distaccati presso l’Azienda ospedaliera”.
L’inchiesta, che coinvolge complessivamente quindici persone tra impiegati dell’obitorio e titolari o dipendenti di agenzie funebri, ha portato alla luce un sistema che, secondo i magistrati, era diventato prassi: somme di denaro richieste ai familiari o alle imprese per “accelerare e oliare” le procedure, dalla restituzione delle salme alla vestizione dei defunti. Un meccanismo rigido, con un vero e proprio tariffario e una spartizione interna dei proventi, emerso grazie alle intercettazioni e a una telefonata captata nell’ambito di un’altra indagine, in cui uno degli indagati spiegava senza esitazioni che “qui funziona così, sempre 100 euro gli si dà se si vuole fare”.