Supersconti non autorizzati ai clienti: ex dipendente condannato a risarcire 190mila euro al negozio

Per oltre un anno e mezzo avrebbe applicato sconti consistenti, senza alcuna autorizzazione, su cucine e arredi venduti in un megastore di Perignano, frazione del Comune di Casciana Terme Lari, in provincia di Pisa. Un comportamento che ha causato un ammanco complessivo di oltre 270mila euro nelle casse dell’azienda, Mib Arredamenti, titolare del punto vendita. Ora l’ex dipendente – un 37enne originario di Pisa ma residente a Livorno – è stato condannato in sede civile dal Tribunale di Livorno a risarcire la ditta con una somma pari ad oltre 190mila euro. Tuttavia, la vicenda giudiziaria non è ancora chiusa: l’uomo ha infatti annunciato, tramite il suo avvocato Marco Guercio, l’intenzione di presentare appello.
Il protagonista della vicenda aveva iniziato a lavorare come responsabile del punto vendita nell’ottobre del 2019 e si era improvvisamente dimesso nel giugno del 2021, senza fornire spiegazioni. Solo dopo il suo allontanamento, l’azienda ha avviato una verifica contabile interna, affidata al ragioniere livornese Marco Antonini, che ha portato alla luce una serie di vendite concluse con prezzi fortemente ribassati rispetto ai listini ufficiali della nota azienda. Dall’analisi sono emerse riduzioni non autorizzate per circa 19mila euro nel 2019, 116mila euro nel 2020 e 59mila euro nel primo semestre del 2021.
Stando a quanto stabilito dalla società, tutti i dipendenti erano tenuti a rispettare i prezzi di listino salvo casi eccezionali, nei quali si richiedeva una specifica autorizzazione del legale rappresentante. Una procedura che l’ex dipendente avrebbe sistematicamente aggirato. Le testimonianze raccolte nel corso del processo hanno confermato che tale regola era nota a tutto il personale, e l’imputato non ha mai sostenuto il contrario. È stato quindi ritenuto responsabile di aver violato i propri obblighi contrattuali, applicando sconti arbitrari per un periodo di oltre venti mesi.
Il giudice Simona Capurso ha tuttavia riconosciuto una responsabilità concorrente da parte dell’azienda stessa, quantificandola nel 30% del danno subito, a causa del mancato controllo sull’operato del dipendente. Di conseguenza, il risarcimento è stato ridotto al 70% dell’importo totale accertato. Oltre al risarcimento, l’uomo è stato condannato anche al pagamento delle spese legali per un totale di 5.258,40 euro, comprensive di compensi, Iva e contributi previdenziali.
La difesa dell’ex dipendente, tuttavia, sostiene una versione diversa: secondo l’avvocato Guercio, la proprietà era a conoscenza degli sconti applicati, in quanto ne avrebbe avuto visione in tempo reale. Inoltre, non vi sarebbe la certezza che i clienti avrebbero comunque acquistato i mobili al prezzo pieno, come sostenuto dall’azienda per calcolare l’entità dell’ammanco.
Nonostante la condanna, restano senza risposta alcune domande centrali: perché l’ex responsabile abbia concesso sconti così generosi e cosa lo abbia spinto a dimettersi all’improvviso. Il processo non ha fatto emergere legami di parentela o amicizia con i clienti beneficiari dei ribassi, lasciando aperto il mistero sulle reali motivazioni di tale condotta.
Ora, con l’annunciato appello, sarà la Corte di secondo grado a riesaminare la vicenda. Intanto, la prima sentenza ha segnato un punto fermo: l’ex dipendente ha violato le direttive aziendali, arrecando un danno economico consistente, per il quale è chiamato a rispondere.