Strage di Monreale, si stringe il cerchio sui complici di Calvaruso: almeno un altro giovane avrebbe sparato

Proseguono incessantemente le indagini sulla strage di Monreale, costata la vita la notte tra sabato e domenica scorsi a Salvo Turdo, Massimo Pirozzo e Andrea Miceli, tre giovani del posto: gli investigatori stanno per chiudere il cerchio attorno ai complici di Salvatore Calvaruso, il 19enne del quartiere Zen di Palermo accusato di aver aperto il fuoco durante la violenta rissa del 26 aprile. Secondo diverse testimonianze raccolte dai Carabinieri, Calvaruso non avrebbe agito da solo.
Almeno un altro giovane sarebbe stato coinvolto nella sparatoria: si tratterebbe di un ragazzo alto circa un metro e novanta, con barba e capelli scuri. A bordo di una moto BMW GS nera, vecchio modello, sarebbe stato proprio questo secondo individuo, seduto dietro Calvaruso alla guida, a sparare sulla folla. "Ho sentito distintamente il conducente dire al passeggero di non mirare in aria, ma di colpire la folla", ha raccontato un testimone. Gli spari sarebbero stati molteplici e quasi simultanei, dettaglio che fa ipotizzare l’uso di più armi da fuoco.

La ricostruzione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Ivana Vassallo non lascia spazio a dubbi sul profilo pericoloso dell’attuale indagato. "Risulta adeguatamente provata l’indole estremamente violenta di Salvatore Calvaruso, la sua incapacità di frenare da solo i propri impulsi criminali", si legge nel documento. Per il giudice, la possibilità che Calvaruso possa tornare a delinquere è "altamente plausibile".
Davanti al gip, il giovane ha sostenuto di essersi difeso da un’aggressione, raccontando di essere caduto e preso a calci e pugni prima di estrarre una pistola semiautomatica che ha detto di aver trovato per strada nei giorni precedenti. "Non so quanti colpi ho sparato, ma ho finito il caricatore. Ho sentito altri spari ma non so chi fosse", ha dichiarato. Tuttavia, il referto del pronto soccorso contraddice la versione del pestaggio: nessuna traccia evidente di percosse, solo un trauma all’occhio sinistro.
Nell’ordinanza si sottolinea anche "la disinvoltura e spregiudicatezza" con cui il ragazzo portava con sé l’arma in un luogo pubblico e affollato, custodendola in un semplice borsello. A oggi non sono stati ritrovati né la pistola né il cellulare di Calvaruso, ulteriore indizio – secondo gli inquirenti – del tentativo di depistaggio per coprire eventuali complici.
Le indagini proseguono serrate. Gli investigatori sono convinti che Calvaruso non avrebbe potuto esplodere tutti i colpi da solo: i segni delle pallottole su fioriere, auto e muri raccontano di una potenza di fuoco superiore a quella di un singolo tiratore. Durante l’udienza di convalida, il 19enne ha detto di non ricordare nulla di quei momenti e ha chiesto scusa, ma non ha mai fatto cenno ai complici, né ha indicato dove si trovino l’arma e il telefono. Un elemento, però, è certo: quella sera a Monreale, Calvaruso non era da solo. Era con un gruppo di amici, e ora gli investigatori stanno cercando di dare un nome e un volto a chi ha contribuito a trasformare una rissa in una strage.