Spia e stupra una 80enne a Chieti, poi la ricatta con i video hard: arrestato e condannato il vicino

È stato condannato a otto anni di reclusione l’uomo di 52 anni accusato di aver vessato, ricattato e abusato di una donna anziana che viveva a poca distanza da lui. Secondo quanto ricostruito nel corso del processo celebrato davanti al Tribunale di Chieti, l’uomo avrebbe instaurato una relazione con la vittima, all’epoca dei fatti ultraottantenne, approfittando della sua vulnerabilità per esercitare su di lei un controllo sempre più stringente e oppressivo.
La sentenza è stata pronunciata dal collegio presieduto dal giudice Guido Campli, con a latere i giudici Luca De Ninis e Morena Susi. La pubblica accusa, rappresentata dal pm Giancarlo Ciani, aveva chiesto proprio una condanna a otto anni, accolta pienamente dal Tribunale. L’imputato, difeso dall’avvocato Antonello Remigio, è stato ritenuto colpevole di violenza sessuale, estorsione, stalking e interferenze illecite nella vita privata. Il collegio ha anche stabilito un risarcimento per la parte civile, rappresentata dall’avvocata Manuela D’Arcangelo, da quantificare in separata sede, disponendo intanto una provvisionale di 35 mila euro. Inoltre, il 52enne è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici.
Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe costretto l’anziana a subire rapporti sessuali, minacciandola di diffondere immagini e video a sfondo sessuale che aveva realizzato a sua insaputa. Sotto il ricatto della diffusione del materiale, l’avrebbe inoltre obbligata ad acquistare oggetti di vario tipo e a consegnargli regolarmente somme di denaro, tra i 50 e i 100 euro, con una cadenza di due volte al mese, per un totale di oltre duemila euro.
Non solo. Senza che la donna ne fosse a conoscenza, l’uomo aveva piazzato una telecamera all’interno della sua abitazione, monitorandone costantemente la quotidianità e gli spostamenti. Un controllo ossessivo e costante che ha reso per la vittima ogni giorno un incubo.
La sentenza mette fine a una vicenda segnata da abusi gravi, consumati nell’intimità domestica e nell’ombra di un presunto legame affettivo che l’imputato ha usato come pretesto per manipolare e sottomettere.