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Cambiamenti climatici

Sottocorona ai negazionisti: “Mie parole strumentalizzate, il cambiamento climatico è reale e gravissimo”

Il meteorologo Paolo Sottocorona respinge le strumentalizzazioni dei negazionisti del clima: non nega il cambiamento climatico, ma critica l’informazione imprecisa. E invoca azioni più incisive: “Il Green Deal è giusto, ma insufficiente. Serve molto di più, ma servirà tempo per vedere gli effetti”.
Intervista a Paolo Sottocorona
Meteorologo
A cura di Davide Falcioni
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"Quello che è scritto sui giornali spesso non è vero: i 40 gradi in Italia non ci sono. Il grande caldo sull'Europa riguarda solo una parte, quella settentrionale ha delle massime fra i 18 e i 20 gradi, quindi è al freddo". Sono bastate queste poche frasi a Paolo Sottocorona – meteorologo e volto storico della tv italiana – per essere "arruolato" tra i negazionisti del cambiamento climatico, tra quelli per i quali è tutto nella norma perché "d'estate fa caldo, d'inverno fa freddo. E in fondo il clima è sempre cambiato".

Lui, che ha dedicato una vita allo studio della meteorologia, non ha mai fatto mistero del suo approccio rigoroso e razionale alla divulgazione. Ma negli ultimi giorni alcune sue dichiarazioni sul caldo estivo, pronunciate in TV con la consueta pacatezza, sono state decontestualizzate e rilanciate da blog e canali social vicini a posizioni quantomeno "scettiche". Il risultato? Un’ondata di post e titoli forzati – della serie "anche Sottocorona smonta il cambiamento climatico" – che l’hanno trasformato, suo malgrado, in un simbolo involontario per chi mette in dubbio l’evidenza scientifica dell’emergenza ambientale. Un’operazione che lui respinge con fermezza: "Bisogna essere in mala fede per leggere in quel modo le mie parole", dice senza giri di parole.

Intervistato da Fanpage.it, Sottocorona ha chiarito con toni netti ogni ambiguità da una parte contestando l’informazione spettacolarizzata e approssimativa, dall’altra rivendicando con forza l’urgenza della transizione ecologica e la necessità di politiche coraggiose: "Il Green Deal non è troppo ambizioso. È troppo poco". A chi lo accusa di minimizzare, risponde rilanciando con un appello alla responsabilità collettiva: ridurre le emissioni non basta, serve invertire davvero la rotta. Anche se i risultati – avverte – non si vedranno subito: "Abbiamo accumulato un debito climatico in 150 anni. Ora dobbiamo cominciare a restituirlo. Ma servono decenni. Non slogan".

Dottor Sottocorona, partiamo da una questione che ha acceso parecchie polemiche. Alcune sue considerazioni sul caldo di questi giorni sono state lette come una forma di "negazionismo climatico". Come stanno le cose?

Guardi, io non controllo i social, non li seguo, ma mi hanno segnalato questa cosa. Dico subito che bisogna essere in mala fede per leggere le mie parole in quel modo. Io non nego nulla. Contesto, questo sì, forma e sostanza di come spesso viene fatta l’informazione sui giornali e in TV. Per esempio, quando si dice che c’è un’ondata di caldo sull’Europa, bisogna intendersi: non è vero che riguarda tutta l’Europa. È già sbagliato dire così. Ma soprattutto, quando leggo che "l’Italia è a 40 gradi", mi cascano le braccia. Non tutta l’Italia è a 40 gradi, non lo è mai stata, mai. Nemmeno a 37. Nemmeno a 35 ovunque. Sono dati che ho visto sul campo per decenni, e lo dico con cognizione di causa. È scorretto, e pure fuorviante.

Quindi lei non mette in discussione la gravità del riscaldamento globale, ma come se ne parla?

Esatto. I titoli devono essere precisi, non falsi. "L’Italia a 40 gradi" è una generalizzazione sbagliata. Bisogna dire che in alcune zone si sono raggiunti i 40 gradi, questo sì, punto; ma non è successo in tutta Italia. Questo non è negazionismo, è chiarezza. E vale anche per il discorso sulle "temperature percepite". Lì davvero siamo al delirio.

Che intende dire?

Che è un concetto inventato, non scientifico. La temperatura "percepita sulla pelle" non esiste. Se siamo in una stanza a 30 gradi, la temperatura è 30 gradi. Stop. Se aumenti l’umidità, non si "sentono" 42 gradi, come qualcuno dice. Si sente più disagio, si soffre di più, certo, ma la temperatura resta quella. È una questione fisiologica soggettiva, non fisica. E soprattutto non è quantificabile con un numero. È falso dire: c’erano 35 gradi, ma con l’umidità "percepiti" erano 42. È una forzatura mediatica. È una cazzata e basta, non esiste dal punto di vista scientifico.

Un altro conto è parlare dei disagi generati dall'afa. Ma vanno spiegati per quello che sono: con alte temperature e alta umidità il corpo fatica a raffreddarsi, quindi si soffre di più. È soggettivo. Alcuni reggono, altri no. Purtroppo ci sono anche persone che ne muoiono, perché il fisico non ce la fa. Ma non è una temperatura diversa. Non si può trasformare il disagio in un numero arbitrario. Non è fisica, è comunicazione approssimativa.

Torniamo al clima. Lei ha detto chiaramente che il caldo anomalo di giugno è una conseguenza del cambiamento climatico. Ma alcuni l’hanno ignorato e usano alcune sue dichiarazioni per negare il climate change.

Sì, purtroppo sì. E mi dispiace molto. Perché l’ho detto e lo ripeto: il cambiamento climatico c’è, eccome, ed è incontestabile. Queste ondate di calore anomale sono la sua manifestazione concreta. Ed è anche ben documentato: non lo dico io, lo dicono gli studi, lo dice Copernicus, lo dicono le agenzie internazionali. In Europa centro-meridionale, negli ultimi anni, abbiamo avuto un aumento di temperatura di almeno 2,5 gradi rispetto ai valori storici. Altro che 1,5.

Un valore ben oltre la media globale.

Esatto. La media planetaria è +1,5°C, ma non è distribuita ugualmente ovunque. In alcune zone l’aumento è maggiore, in altre minore. In Scandinavia o in Scozia ci sono state anche estati sotto la media. Ma da noi no. Noi siamo nella zona più colpita. E quindi ci tocca di più.

Lei ha parlato anche di un’inerzia del sistema climatico. Anche se smettessimo domani di produrre CO2, gli effetti resterebbero.

Sì, questo è un altro punto fondamentale che spesso non si spiega bene. Se da domani non producessimo più nemmeno un grammo di CO2, il clima non tornerebbe com’era. Servirebbero almeno 50 anni, forse di più, per vedere i primi segnali di assestamento. Perché ci abbiamo messo 150 anni a creare questo disastro. È come un debito in banca accumulato per generazioni: non lo azzeri in due anni. Non basta "risparmiare", bisognerebbe cominciare a togliere CO2 dall’atmosfera, non solo produrne meno. Bisognerebbe fare scelte molto più radicali di quelle attuali.

E oggi è possibile?

Oggi possiamo solo cercare di ridurre, e lo dobbiamo fare. Ma dobbiamo anche sapere che non vedremo risultati immediati. Né io, né lei. Forse i nostri nipoti. Questo non significa che non dobbiamo fare nulla. Anzi. Il Green Deal, per esempio, non è sbagliato: il problema è che è insufficiente. Va bene come punto di partenza, ma bisogna spingere molto di più. Serve coraggio. Molto più coraggio. Bisognerebbe andarci "giù duro". Invece, stiamo continuando a inquinare, stiamo producendo CO2, ne immettiamo sempre di più in atmosfera quando, al contrario, dovrebbe sparire completamente.

Per fare questo le auto elettriche sono utili?

Penso che siano una buona soluzione soprattutto per le città, ma non risolvono il problema da sole. E poi: da dove viene l’energia per ricaricarle? Se l’elettricità è prodotta con il carbone, non è una vera svolta. Serve una transizione completa, anche nella produzione di energia. Verde davvero. E su larga scala. Occorrerebbe investire molto, molto di più sulle rinnovabili. Insomma, se qualcuno pensa che io sia contrario al New Deal sbaglia: io dico, invece, che non basta e dovremmo avere il coraggio di fare scelte molto più radicali.

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