Si dice sindaco o sindaca? In Sardegna approvata una legge che impone il femminile

Stop al linguaggio “sessista” in Sardegna. Da adesso in poi si dovrà dire “sindaca”, “assessora”, “consigliera”, “prefetta”, “commissaria” e così via. La comunicazione istituzionale in Sardegna dovrà insomma declinare ruoli e professioni al femminile. È una delle novità contenute nella nuova legge sulla semplificazione, approvata dal Consiglio regionale, promotrice la consigliera del Centro democratico Anna Maria Busia. Secondo qualcuno dire “sindaca” o “avvocata” suona male? “Perché avvocata è brutto e maestra e impiegata no? La verità è che il nome del mestiere declinato al femminile diventa cacofonico nella misura in cui si avanza di livello nella scala professionale”, ha spiegato Busia parlando dell’importanza del provvedimento.
Cosa succederà adesso – Entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento, la Regione dovrà emanare le linee guida per l'applicazione della norma prevedendo di adottare “un linguaggio non discriminante rispettoso dell'identità di genere, mediante l'identificazione sia del soggetto femminile che del soggetto maschile negli atti amministrativi, nella corrispondenza e nella denominazione di incarichi, funzioni politiche e amministrative”. Inoltre, per “promuovere una nuova coscienza linguistica”, la struttura della Giunta preposta alla comunicazione istituzionale dovrà predisporre la revisione del “lessico giuridico e amministrativo di atti, provvedimenti e comunicazioni”.
“Le parole sono importanti” – “Il fatto di identificare la professione o il ruolo di una donna utilizzando il termine al maschile è un mancato riconoscimento, una forma sottile di discriminazione”, ha spiegato la consigliera Busia aggiungendo che “le parole sono importanti” in quanto “evocative delle cose e delle persone”. “Non per niente il diritto a essere riconosciuti per quello che è il proprio nome – ha aggiunto – è un diritto costituzionale”. Non c’è stato nemmeno bisogno di discutere l’emendamento, che subito è stato accolto. Cosa succederà adesso? “Il linguaggio amministrativo delle leggi, dei moduli, dei bandi dovrà essere adeguato e ci si dovrà sempre rivolgere alle donne e agli uomini”, ha spiegato Busia, che ha anche ricordato l’importante ruolo in questa “battaglia” della presidente della Camera Laura Boldrini. A Roma si è parlato del nome “sindaco” o “sindaca” dopo l’elezione di Virginia Raggi e ora, ha detto la consigliera sarda facendo riferimento alla facilità con cui la stampa ha recepito le regole, “nessuno si sognerebbe mai di parlare di sindaco Raggi”.