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“Si devono lasciare”, fidanzamento tra rampolli di famiglie mafiose svela omicidio di 9 anni fa

Il ragazzo si era fidanzato prima con la figlia del killer di suo padre e poi con la nipote. Nelle intercettazioni, i parenti delle ragazze ipotizzavano che il giovane sospettasse di loro e si fosse fidanzato solo per indagare e cercare vendetta.
A cura di Antonio Palma
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L’opposizione delle famiglie al fidanzamento tra due rampolli di due diverse famiglie mafiose siciliane in lotta tra loro ha svelato i retroscena di un delitto di mafia avvenuto ben nove anni fa. Le parole dei parenti della ragazza, intercettate dagli inquirenti, infatti, hanno permesso di confermare che a uccidere il padre del ragazzo, boss di spicco dei clan palermitani, era stato lo zio della giovane.

Il particolare emerge dall'ordinanza di custodia cautelare che nelle scorse ore ha portato all’arresto e al carcere per Tony Lipari, da poco tornato libero dopo una condanna a 12 anni per mafia, e ora accusato dell'omicidio del boss Giuseppe Di Giacomo, ammazzato in strada a Palermo nel 2014.

Secondo le intercettazioni effettuate dai carabinieri, i familiari del killer e della ragazza avrebbero cercato di ostacolare ogni modo la relazione tra i due giovani temendo che il ragazzo avesse stretto una relazione prima con la figlia di Lipari e poi con la nipote per indagare sulla morte del padre dopo e quindi vendicarsi. Ascoltando le conversazioni dei Lipari che i carabinieri hanno quindi avuto conferma sui killer di Di Giacomo.

“Il campo è minato, si devono lasciare” dicevano i parenti della giovane che temevano che il giovane cercasse una vendetta. In particolare in una intercettazione ambientale gli inquirenti hanno ascoltato Salvatore Lipari, il fratello dell’arrestato, che tenta di spiegare alla moglie perché la relazione della nipote col figlio di Di Giacomo lo angoscia.  “U capisti ca ammazzò Tony?" (L’hai capito che lo uccise Tony) sbotta l’uomo parlando alla moglie, preoccupato che venisse a galla il segreto del fratello.

Un sospetto validato dal fatto che il giovane aveva assistito in prima persona all’omicidio del padre quando era solo un bambino, riuscendo descrivere anche la corporatura del killer che però aveva il volto travisato da un casco integrale. “Cosa gli dico io a quella ragazza? Mi sto andando a buttare in un campo minato perché qualsiasi cosa dico per lasciarlo mi spavento se questa glielo racconta”, dice lo zio in un’altra intercettazione, riferendosi alla nipote e non sapendo di essere ascoltato dai carabinieri.

“I soggetti intercettati ipotizzavano che il ragazzo stesse perseguendo uno scopo non dichiarato e che stesse agendo per ritorsione” scrivono i pm. Paure e parole che, per gli investigatori, sono la prova decisiva del ruolo di Tony Lipari, già indicato come killer da un collaboratore di giustizia. Secondo l’accusa, avrebbe agito per conto del capomafia Tommaso Lo Presti che vedeva in Di Giacomo una minaccia per la guida e gli affari del mandamento di Porta nuova.

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