Sesso o soldi per superare esami all’università, prof condannato: “Si compiaceva del proprio potere”

"Si compiaceva del proprio potere nei confronti delle studentesse e si vantava della propria influenza nei confronti delle stesse" è uno dei passaggi delle motivazioni con le quali il Tribunale di Bari ha condannato a 5 anni di reclusione il professore Fabrizio Volpe, docente di Diritto Civile all'Università Aldo Moro di Bari, finito a processo con l'accusa di aver chiesto sesso o soldi a due studentesse per superare gli esami all'università.
L'uomo era imputato per due episodi di concussione e uno di violenza sessuale per fatti che vanno dagli anni tra il 2011 e il 2015 ma il Tribunale ha riqualificato il primo caso di concussione in induzione indebita, accusa per la quale Volpe è stato condannato. La violenza sessuale è stata invece derubricata a tentata violenza sessuale, reato dichiarato prescritto così come il secondo episodio di concussione a lui contestato.
Il docente "ha indebitamente utilizzato la posizione soggettiva di professore universitario di nota fama nel territorio di Bari, vantando la sua posizione di prestigio sociale ed economico, asserendo di avere un’influenza notevole nelle carriere degli studenti e degli assistenti universitari, tanto da poter decidere il destino dei suoi sottoposti sulla base del suo volere" scrive il Tribunale di Bari nelle motivazioni della sentenza pubblicate oggi.
"Volpe, sin dall'inizio della conversazione, fa emergere la sua volontà di ottenere un indebito vantaggio dalla" studentessa "in cambio del suo aiuto, consistente in una richiesta di natura sessuale, in quanto le chiede, a più riprese, di uscire con lui a Bari, di dormire a casa sua, di poterla incontrare di persona, di poterle pagare una vacanza, di poterla avere come sua fidanzata" scrive il Tribunale, aggiungendo che "Volpe era consapevole del carattere abusivo del suo comportamento" e la studentessa, a sua volta, "avrebbe assecondato la sua proposta per ottenere il vantaggio futuro del conseguimento della laurea senza l'impegno e la preparazione richiesti".
"Le plurime condotte dell’imputato sono avvinte da un medesimo disegno criminoso finalizzato a concretizzare l’interesse di tipo sessuale che il Volpe nutriva per la studentessa mediante un insieme di condotte volte a vincere la resistenza della ragazza a concedersi sessualmente, convincendola di essere di fronte ad una persona influente nell’ambiente universitario nei cui confronti poteva essere vantaggioso mostrarsi accondiscendente" scrivono ancora i giudici di primo grado, aggiungendo: "Tale atteggiamento è stato dimostrato più volte dall’imputato nei rapporti con le studentesse di cui riferisce nelle intercettazioni telefoniche in cui si vanta della propria influenza nei confronti delle stesse". La gravità di tale comportamento, stabilisce il tribunale, "risiede in modo peculiare nella sudditanza psicologica a cui erano sottoposti non solo gli studenti, ma anche gli assistenti di cattedra, le cui carriere professionali erano orientate dal volere dell’odierno imputato"
“Siamo assolutamente certi della sua estraneità ai fatti”, è il commento invece degli avvocati difensori che proporranno ricorso in appello. "Il tribunale non ha riconosciuto credibile la persona offesa, ridimensionando di molto l'impianto accusatorio nei confronti del professor Volpe. Siamo assolutamente certi della sua estraneità ai fatti e puntiamo a riconoscere la sua estraneità anche dall'induzione indebita” avevano spiegato i legali dopo la sentenza di primo grado