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“Se parli ti mando i servizi sociali a casa”, le minacce del 30enne alla 12enne stuprata a Bologna

Dopo la violenza sessuale in casa, approfittando dell’amicizia della famiglia della bimba, il 30enne arrestato avrebbe anche scattato foto con il cellulare e minacciato la 12enne di inviarle i servizi sociali a casa per indurla a tacere. È l’agghiacciante scenario che emerge dai documenti dell’inchiesta sul terribile stupro avvenuto in un appartamento del quartiere Pilastro di Bologna.
A cura di Antonio Palma
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Prima la violenza sessuale in casa approfittando dell’amicizia della famiglia della bimba, poi le minacce di inviarle i servizi sociali a casa, affermando che la sua "non era una famiglia per bene" per indurre la 12enne a tacere. È l’agghiacciante scenario che emerge dai documenti dell'inchiesta sul terribile stupro ai danni della piccola avvenuto una settimana  ad opera di un trentenne all’interno di un appartamento di edilizia popolare nel quartiere Pilastro di Bologna. Violenza sessuale e minacce che avevano spinto la piccola in uno stato di profonda agitazione che fortunatamente è stato notato dai familiari che quindi hanno scoperto tutto cercando anche di farsi giustizia da soli.

Nel provvedimento di custodia cautelare per il trentenne, come riporta il Resto del Carlino, il gip scrive che la bambina racconta che il trentenne le aveva anche “scattato foto con il cellulare e riferito che si sarebbero dovuti incontrare ogni dieci giorni, intendendo chiaramente che ogni dieci giorni avrebbero consumato un rapporto sessuale". Drammatico poi il racconto di quei momenti fatto dalla stessa vittima ai sanitari dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna dove era stata portata dal padre.

Secondo il racconto della dodicenne, l’indagato "l’ha afferrata per le braccia e l’ha messa con forza sopra il letto", mentre lei "cercava di difendersi con pugni e calci". Quindi "sempre bloccandola con la forza, l’ha spogliata" e poi ha abusato di lei "con violenza" incurante che nelle altre stanze vi fossero alcuni parenti di lui. Una ricostruzione che l’uomo, che è ai domiciliari,  smentisce, parlando di un rapporto consenziente, nell’ambito di una relazione iniziata nel luglio scorso. Parole a cui il gip non crede assolutamente visti i fatti: per il giudice “Anche volendo prestare fede alle dichiarazioni dell’indagato e accettare la squallida ipotesi di una relazione sentimentale, vera o presunta, imbastita tra questi (classe '91) e la vittima (classe 2008), resterebbe ugualmente attinto il limite della rilevanza penale”.

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