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Se in 6 giorni due mamme seguite dai servizi sociali hanno ucciso i figli vuol dire che il sistema è da riformare

Due bambini uccisi nel giro di pochi giorni dalle proprie madri. Due situazioni differenti ma purtroppo molto simili. Quanto accaduto ci impone di rivedere e ri-formare i contesti valutativi.
A cura di Margherita Carlini
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Due bambini uccisi nel giro di pochi giorni dalle proprie madri. Due situazioni differenti ma purtroppo molto simili. I genitori si separano, le mamme, per motivazioni differenti, presentano delle fragilità personali. Le situazioni vengono pertanto monitorate e valutate, per comprendere quale sia la gestione migliore (in termini di collocamento e affidamento) per i bambini coinvolti.

In questi casi, i contesti valutativi che si attivano sono molteplici e con differenti specificità, sia sul piano giuridico che su quello psico- sociale. Molto spesso il Tribunale (ordinario o per i minorenni) incarica i servizi sociali territorialmente competenti di effettuare un’indagine sociale e il servizio consultoriale, o degli esperti (CTU) vengono individuati per valutare i genitori. Per comprendere pertanto se esistono situazioni di pregiudizio, nel contesto sociale, familiare o nel funzionamento personologico dei genitori, per il minore.

In base a queste valutazioni si definiscono i termini di collocamento e affido. Si stabilisce cioè con quale genitore debba vivere il minore e i tempi di visita e frequentazione dell’altro genitore. Quanto accaduto a Muggia e a Calimera negli ultimi giorni ci impone di rivedere e ri-formare tali contesti. Azioni per altro già previste dalla normativa vigente nei casi di maltrattamenti.

Nel primo caso infatti, la mamma di Giovanni era seguita dal centro di salute mentale e il bambino poteva vederla solo con incontri protetti, proprio per tutelarlo. Poi si era deciso che la mamma potesse incontrare Giovanni liberamente, a casa sua, presumibilmente anche sulla base della valutazione effettuata da una consulente del tribunale che avrebbe considerato superate, le difficoltà della donna. Questo nonostante le denunce del padre, nonostante un tentativo di strangolamento avvenuto nel 2023 e nonostante proprio Giovanni avesse detto che non era una buona idea restare solo con la mamma.

Anche la mamma di Elia avrebbe mostrato delle fragilità personali e avrebbe manifestato il suo intento scrivendo, nel 2024, all’ex marito “salutalo bene perché lo porto con me. È già capitato che io sia andata di fronte al mare con la macchina”, minacce che l’uomo aveva denunciato, chiedendo tutela per il figlio. Ma in questo caso la madre era stata ritenuta idonea all’affido condiviso, per cui il bambino poteva stare liberamente sia con lei che con il padre, con l’unica limitazione che la mamma non poteva allontanarsi con lui. Lo ha ucciso in casa.

Per evitare suggestioni e non favorire una percezione distorta del fenomeno, appare importante far riferimento ai dati forniti dai Eures in merito ai figlicidi. Dall’analisi di tali dati, emerge che nel nostro Paese venga commesso in media, un figlicidio ogni due settimane. Nella maggior parte dei casi si tratta di bambini che hanno meno di 12 anni. Ad uccidere, è prevalentemente il padre (le madri uccidono in prevalenza bambini più piccoli, tra 0 e 5 anni), nel contesto dei cosiddetti “suicidi allargati”, quando cioè l’uccisione dei figli e della partner o ex partner fanno parte di un disegno omicida che prevede l’annientamento dell’intero nucleo. Alla base di tali figlicidi spesso il movente è quello del possesso, per cui i minori non vengono considerati come persone a sé ma estensione di se stessi o dell’ex partner che si vuole annientare.

In tutti questi casi è fondamentale che gli operatori e le operatrici che a vario titolo sono chiamati ad intervenire, abbiano le competenze necessarie per poter valutare correttamente le situazioni.

Per riuscire a distinguere, primariamente, se si tratti di una separazione conflittuale o ci si trovi di fronte, al contrario, ad un caso di violenza domestica o di maltrattamenti, per cui risulta necessario adottare interventi mirati che abbiano come scopo primario quello della tutela psico-fisica delle vittime (compresi i minori).

Per individuare e definire le modalità con le quali la violenza si manifesta e viene perpetrata anche attraverso il maltrattamento a distanza con strumentalizzazione e pertanto vittimizzazione dei minori.

Per riconoscere i comportamenti indicatori di un rischio di recidiva delle condotte abusanti e di un’escalation delle stesse, fino al rischio di letalità.

In questo contesto inoltre il minore deve essere ascoltato e le sue paure devono essere accolte.

Esigenze queste, a garanzia di una reale tutela dei minori coinvolti, che purtroppo non rispecchiano l’attuale stato dei sistemi coinvolti. Secondo una recente indagine del Consiglio Superiore della Magistratura circa i procedimenti civili in casi di violenza, l’aggiornamento formativo, dei magistrati che si occupano di procedimenti in cui vi sono allegazioni di violenza domestica o sui minori è assicurato tramite corsi di formazione internazionale solo nel 3% dei casi, quasi sempre (90%) i consulenti chiamati a valutare casi così complessi e delicati, non hanno una specifica competenza in materia.

In casi di violenza, i rapporti tra il minore e il genitore maltrattante vengono regolamentati sin da subito, avviando dei percorsi che facilitino il recupero della relazione, solo in pochi casi (21%) i rapporti vengono inibiti. Un quadro drammatico, non in linea con quanto previsto dalla normativa vigente e quanto raccomandato da anni dal Grevio e previsto dalla Convenzioni di Istanbul.

Un sistema adultocentrico e non adeguatamente formato che in nome del superiore interesse dei minori li espone a rischi enormi e non ascolta le loro richieste di aiuto.

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Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.
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