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Regeni, i volti degli 007 che lo uccisero. Per processo servono gli indirizzi. L’avvocato: “Aiutateci”

I Ros sono ancora alla ricerca degli indirizzi degli imputati fantasma per il caso di Giulio Regeni, il ricercatore ucciso in Egitto nel 2016. Tramite indagini, però, sono stati finalmente individuati i volti dei presunti assassini: le foto sono state inserite all’interno del fascicolo sul caso. L’avvocato della famiglia, Alessandra Ballerini, ha lanciato un appello online per risalire agli indirizzi.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Erano già noti i nomi e i numeri di tesserini di identificazione, da poco lo sono anche i loro volti. Adesso mancano solo gli indirizzi. Le facce dei presunti sequestratori e assassini di Giulio Regeni sono state invece state individuate e le foto sono state depositate  nel fascicolo giudiziario riguardante il caso del ricercatore morto in Egitto. Le foto ritraggono il colonnello Husan Helmi, del 1968, il colonnello Athar Kamel Mohamed Ibrahim, anche lui del '68, Magdi Ibrahim Abdelaf Sharif, nato nel luglio del 1984. Ancora sconosciuto, invece, il volto del generale Tariq Sabir. Tramite i social network, la legale della famiglia Regeni, Alessandra Bellerini, ha lanciato un appello per trovare gli indirizzi dei torturatori e assassini di Giulio. "Sappiamo chi sono e che facce hanno – ha scritto la legale – sappiamo anche quanto male sono capaci di fare. Ci aiutate a cercarli? Ci servono i loro indirizzi di residenza per poterli processare in Italia. Non diamogli la possibilità di nascondersi ancora dietro la loro vigliaccheria. Chiunque avesse notizie su di loro mi contatti". L'appello è stato tradotto anche in arabo e in inglese, per far sì che anche i followers stranieri possano fornire informazioni utili.

I visi dei presunti assassini di Giulio Regeni sono emersi nel corso dell'udienza preliminare di lunedì tenuta davanti al giudice del tribunale di Roma Roberto Ranazzi.  I loro indirizzi, invece, sono ancora sconosciuti all'indagine: nessuno quindi ha potuto indirizzare loro le notifiche per l'avvio del processo. Senza le notifiche, non può esservi un processo. La Corte di Assise di Roma, ribaltando la decisione del gup, ha stabilito che il processo non può iniziare senza la dovuta notifica dell'avvio. Recapitarla agli imputati però è stato impossibile, poiché l'Egitto non ha mai voluto comunicarne l'indirizzo all'Italia

La posizione dell'Egitto è stata ribadita anche in tribunale: il ministero della Giustizia italiano ha infatti affermato che il Paese ha firmato già il 16 dicembre del 2020 un documento inteso come "archiviazione del caso". La chiusura di qualunque indagine o procedimento sul caso Regeni, dunque, vuol dire che l'Italia non potrà ricevere alcun indirizzo. Nonostante tutto, la procura di Roma e il procuratore aggiunto Sergio Colaiacco sono riusciti a ricostruire una dinamica del sequestro di Giulio Regeni. L'indisponibilità del governo di Al Sisi, insomma, non ha fermato le indagini dei Ros per trovare gli indirizzi in maniera autonoma.

Si parte da basi fragilissime, non essendo disponibili neppure le date di nascita corrette di tutti gli imputati. I social network però hanno portato i carabinieri sulla strada giusta: dopo aver catalogato una serie di profili Facebook, Instagram, Google e Microsoft, sono riusciti a risalire ai loro volti. Servirà ora un passaggio formale da parte del tribunale. Se gli Stati Uniti dovessero fornire le informazioni anagrafiche associate agli account di interesse, potrebbe comunque rendersi necessario un passaggio con il Cairo per ottenere l'associazione degli Ip alle utenze telefoniche e quindi alla residenza degli utilizzatori.

Il nome di uno degli imputati, Magdi Sharif, è stato inserito nel sistema Shengen per tenere traccia di qualsiasi spostamento. Per gli altri, invece, non è stato possibile poiché gli inquirenti non hanno dati anagrafici certi. Grazie al lavoro dell'avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, è stato fatto un passo avanti sull'individuazione dei luoghi di lavoro: c'è chi (Tariq Sabir) supervisiona le carte di identità, mentre Husam Helmi lavora all'ufficio passaporti. Sharif, invece, dovrebbe essere ancora in servizio alla direzione della Sicurezza nazionale.

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