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Psicosi Coronavirus, il padre del bambino aggredito a Bologna: “Era spaventato”

“All’inizio non voleva dire nulla, è molto timido e riservato” spiega l’uomo, da oltre vent’anni in Italia. “Mia moglie è ancora scossa, grazie al sindaco per la solidarietà e per aver raccontato l’accaduto. Sul virus troppe notizie gonfiate, non si può fare finta di niente, ma tutto questo non ha senso”.
A cura di Beppe Facchini
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“Secondo me si sta bombardando la gente con tante notizie sul virus che spesso sono inesatte, gonfiando le cose inutilmente. E questo di certo non aiuta”. Dopo l’episodio di razzismo nei confronti di un undicenne cinese da parte di alcuni ragazzini, denunciato via social dal sindaco di Bologna Virginio Merola, adesso a parlare è il papà del piccolo, in Italia da oltre 25 anni.

“Mia moglie è ancora abbastanza scossa, l’ha presa molto male –racconta l’uomo-. Per consolarla le ho detto di non dare troppo peso a quanto accaduto, che si tratta di ragazzini”. La vicenda raccontata dal primo cittadino di Bologna giovedì pomeriggio, e confermata dal padre del bimbo, è avvenuta nei pressi del quartiere Bolognina ad inizio settimana, quando davanti a una scuola un bambino di 11 anni è stato vittima di “un'aggressione teppistica a sfondo razzista da parte di alcuni ragazzi che hanno insultato e spintonato il bambino colpevole solo di avere origini cinesi. Per fortuna il bimbo non si è fatto male" aveva scritto sui social Merola, rincarando poi la dose: "Qui non c'entra il Coronavirus, c'entra la civiltà. Questa volta è il virus, un'altra l'antisemitismo o altre forme di razzismo. Opponiamoci, fermiamo questa spirale”.

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“Ringraziamo il Comune di Bologna per la solidarietà e per l’aiuto che ci stanno dando: lunedì incontreremo personalmente il sindaco” dice ancora il padre dell’undicenne, il quale, fra l’altro, è nato in Italia e non in Cina. Ma non è servito a niente. L’ignoranza si è messa di mezzo e così dei ragazzini, di poco più grandi, hanno pensato bene di strattonarlo, chiamandolo “virus” e umiliandolo davanti alla sorella maggiore. È stata lei a raccontare tutto ai genitori. “È un bambino timido, riservato. Quando è tornato a casa era spaventato, ma inizialmente non ha detto nulla. Tutto questo non è per niente normale –continua l’uomo-. Ho quarant’anni e vengo da una famiglia molto povera: in vita mia ne ho viste tante, anche ben peggiori rispetto ad una cosa del genere, però non posso fare finta di niente”.

La famiglia del bambino aggredito avrebbe inizialmente voluto denunciare l’accaduto, ma poi, “casualmente, mia moglie ha incontrato il sindaco e gli ha raccontato tutto”. Virginio Merola, come anticipato su Facebook, ha così avvertito il questore, per cercare di chiarire la vicenda. “Era giusto far sapere anche agli altri che cosa è successo a nostro figlio” commenta il padre. Anche se, in realtà, l’undicenne avrebbe preferito evitare. “È un bambino con un carattere un po’ chiuso, si vergogna, ha paura che i suoi compagni di scuola scoprano tutto”. Meglio evitare, insomma. Anche perchè il continuo parlare tavolta a sproposito di Coronavirus ha già fatto abbastanza danni.

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