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Pisa, “corso di cultura rom” in una scuola media

Il corso è volto a offrire agli studenti elementi per conoscere la cultura sinti ed è stato organizzato nell’ambito di un progetto di integrazione dei ragazzi stranieri o di etnia rom.
A cura di Davide Falcioni
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Sta facendo discutere non poco l'iniziativa della scuola media Fucini di Pisa, che ha deciso di introdurre nel programma scolastico una sorta di "corso di cultura rom" nell'ambito di un programma volto a facilitare l'integrazione degli studenti stranieri e di etnia romanì. La professoressa Marta Trafeli, che ha offerto la propria disponibilità a tenere il laboratorio, ha spiegato che l'iniziativa serve a "invogliare i ragazzini rom a venire a scuola, anche perché tra loro c'è un alto tasso di dispersione scolastica".

La novità, tuttavia, non è stata accolta da tutti con favore: anche a causa delle critiche di molti giornali, infatti, una fetta consistente dell'opinione pubblica ha stigmatizzato l'iniziativa, che sarebbe dovuta durare sei ore sovrapponendosi alle lezioni di italiano. Il laboratorio inizialmente era facoltativo e programmato nel pomeriggio, ma vista la scarsissima partecipazione è stato reso obbligatorio e spostato la mattina. La vicenda ha finito per interessare anche il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, che con un consueto post sulla sua pagina facebook ha suggerito "corsi di cultura pisana" concludendo caustico: "A quando i corsi di accattonaggio?".

Ma come sono andate le cose? E in cosa consiste il corso? La scuola media Fucini, insieme ad altri sei istituti della città, ha deciso di indire dei progetti volti a limitare la dispersione scolastica attingendo a fondi del Ministero dell'Istruzione e della Società della Salute. I fondi, finalizzati all'integrazione dei giovani, prevedevano di invogliare giovani di culture diverse a frequentare le scuole italiane organizzando dei laboratori in cui ogni bimbo avrebbe dovuto raccontare favole tradizionali della propria cultura. Alla scuola Fucini il gruppo etnico più numeroso è quello sinti, così nella percezione comune il progetto è diventato un "corso di cultura rom".

Finora sui progetti realizzati nelle altre scuole nessuno aveva avuto niente di cui lamentarsi. Erano stati persino organizzati corsi di cucina, nella convinzione che lo scambio culturale passi anche attraverso il cibo. Nel caso dei rom, tuttavia, ben presto sono arrivati i malumori sia dai genitori che dagli insegnanti: i primi perché hanno vissuto il progetto come un'imposizione, visto che i corsi si sarebbero svolti di mattina. I secondi, invece, hanno posto obiezioni di carattere sindacale, vista la presenza – in cattedra – di una persona che non ha vinto alcun concorso. Poi ci sono gli altri: quelli che lamentano la scarsa integrazione dei rom, ma alla prima occasione rifiutano di partecipare a iniziative di approfondimento volte a migliorare la convivenza.

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