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Covid 19

Perché in Italia stiamo facendo pochi tamponi

Il drastico calo dei casi covid in Italia ha portato a un conseguente e generale calo dei tamponi e del sequenziamento proprio in un momento in cui invece sarebbe stato più facile e utile farli. Alla base di questo meccanismo alcune regole che disincentivano le regioni col rischio però di non capire fino a che punto le varianti si stanno diffondendo.
A cura di Antonio Palma
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Il nuovo monitoraggio dell’Iss ha confermato il netto calo dei contagi covid in Italia così come il drastico calo dei ricoveri sia in area medica sia in terapia intensiva ma questo ha portato a un conseguente calo dei tamponi che, insieme al sempre scarso sequenziamento di casi, attesta che nel nostro Paese ben poco si sta facendo per il tracciamento dei casi. Secondo l’ultimo report della fondazione Gimbe, che dall'inizio della pandemia monitora i numeri della pandemia nel nostro Paese, in Italia si registra una elevata differenza tra regioni sul tracciamento ma con il calare dei casi si è assistito a un generale calo dei tamponi e del sequenziamento proprio in un momento in cui invece sarebbe stato più facile e utile farli.

Il numero di persone testate settimanalmente si è ridotto di oltre il 33 per cento nelle ultime 3 settimane con una media di appena 120 persone al giorno testate per 100.000 abitanti. "Nel nostro Paese vengono eseguiti poco più di 200 mila tamponi al giorno, contro gli 800 mila dell'Inghilterra, un numero insufficiente per avere una fotografia reale dei contagi" ha confermato anche il professor Crisanti. Secondo il presidente Gimbe Nino Cartabellotta, molto dipende proprio dal meccanismo ideato dal governo per passare di fascia e mantenere quella con le restrizioni più basse. “I criteri per conquistare e mantenere la zona bianca disincentivano le Regioni a potenziare le attività di testing e a riprendere il tracciamento, proprio nel momento in cui i numeri del contagio permetterebbero di utilizzare un’arma mai adeguatamente utilizzata” ha spiegato.

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Inoltre l’Italia fa i contri con "Un’insufficiente attività di sequenziamento che non consente di identificare le varianti più contagiose se non dopo l’aumento dei casi, né di adeguare le strategie vaccinali se necessario” ha aggiunto Cartabellotta. Questo proprio in un momento in cui deve essere ancora più alta l’attenzione sulle varianti covid in quanto più contagiose e anche più resistenti ai vaccini e la cui diffusione potrebbe danneggiare proprio la campagna vaccinale.

“Ad esempio sulla variante delta (indiana) più contagiosa del 20-60%, l’efficacia di una sola dose di vaccino sulla malattia sintomatica si attesta intorno al 33% sia per il vaccino Pfizer che AstraZeneca, mentre dopo il ciclo completo sale rispettivamente all’88% e al 60%" ha sottolineato Cartabellotta. Per questo il consiglio è di cambiare il sistema per assegnare i colori alle Regioni, ad esempio introducendo standard di tamponi per 100 mila abitanti per incentivare il testing e riprendere il tracciamento, e potenziare il sequenziamento delle varianti, in particolare in alcune Regioni dove non si raggiunge nemmeno l’1% dei casi.

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