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Covid 19

Per l’immunità di gregge bisognerà aspettare il 2023 se le vaccinazioni procedono al ritmo attuale

Secondo un’analisi condotta dalla Fondazione Hume sull’indice DQP (acronimo di: Di Questo Passo) che stima il numero di settimane che sarebbero ancora necessarie se – in futuro– le vaccinazioni dovessero procedere al rimo attuale, in Italia l’immunità di gregge non verrà raggiunta prima di settembre 2023. “Per raggiungere gli obiettivi delle autorità sanitarie quindi immunità di gregge entro settembre-ottobre 2021, il numero di vaccinazioni settimanale dovrebbe essere circa il quadruplo di quello attuale”.
A cura di Ida Artiaco
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L'immunità di gregge potrebbe non essere raggiunta il prossimo autunno, come auspicato da istituzioni e scienziati, ma bisognerà attendere addirittura il 2023. È quanto emerge da un report elaborato dalla Fondazione David Hume, che produce analisi indipendenti su temi rilevanti del dibattito pubblico. Il motivo? "Per raggiungere gli obiettivi enunciati dalle autorità sanitarie, quindi immunità di gregge entro settembre-ottobre 2021, il numero di vaccinazioni settimanale dovrebbe essere circa il quadruplo di quello attuale (2 milioni la settimana, anziché 500 mila)", si legge nel documento. Ma procediamo con ordine.

Prima di tutto, bisogna ricordare che per immunità di gregge "si intende una situazione nella quale ci sono abbastanza persone vaccinate (e non in grado di trasmettere il virus) da portare la velocità di trasmissione del virus (Rt) al di sotto di 1, con conseguente progressiva estinzione dell’epidemia". Dal 31 dicembre scorso, quando cioè è iniziata la somministrazione delle prime dosi, sia il ministro della Salute, Roberto Speranza, che il Commissario straordinario per l'emergenza Coronavirus in Italia, Domenico Arcuri, che la sottosegretaria Sandra Zampa, hanno più volte sottolineato che "per arrivare all’immunità di gregge dobbiamo vaccinare l’80% di 60 milioni di italiani" e che ciò sarebbe potuto succedere entro l'estate o comunque entro il prossimo ottobre. Ma tempistiche nettamente diverse ci sono calcolando l'indice DQP (acronimo di: Di Questo Passo) che stima il numero di settimane che sarebbero ancora necessarie se – in futuro– le vaccinazioni dovessero procedere "di questo passo", vale a dire al ritmo attuale.

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Secondo i calcoli della Fondazione Hume, che sono comunque basati sulle ipotesi più ottimistiche che si possono formulare, all’inizio della quarta settimana del 2021, quindi lunedì 25 gennaio, il valore di DQP era pari a 355 settimane, il che corrisponde al raggiungimento dell’immunità di gregge non prima del mese di novembre del 2027. All’inizio della quinta settimana del 2021, quindi lunedì 1 febbraio il valore di DQP è pari a 138 settimane, il che corrisponde al raggiungimento dell’immunità di gregge non prima del mese di settembre del 2023, quindi è nettamente migliorato rispetto ai sette giorni precedenti. Ed è comunque certo che per raggiungere gli obiettivi enunciati dalle autorità sanitarie, quindi l'immunità di gregge entro settembre-ottobre 2021, il numero di vaccinazioni settimanale dovrebbe essere circa il quadruplo di quello attuale.

Dubbi sul raggiungimento dell'immunità di gregge dopo il taglio alle scorte di vaccini da parte di Pfizer, Moderna e AstraZeneca e la raccomandazione per l'uso di quest'ultimo per la fascia d'età fino ai 55 anni erano stati espressi anche da alcuni esperti. Guido Rasi, docente di Microbiologia all’università Tor Vergata di Roma ed ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco, a Fanpage.it aveva definito "molto difficile" completare le vaccinazioni del 70% della popolazione italiana entro ottobre, ma anche Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università di Milano, aveva sottolineato che "visti i rallentamenti che ci sono stati sulle forniture dei vaccini anti-Covid, raggiungere l'immunità di gregge a fine anno appare sempre più un traguardo sfumato, ma dobbiamo puntare a raggiungere almeno una copertura del 20-30% e coinvolgere nell'immunizzazione le persone a rischio".

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