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Per chi brucia la Campania? Gli inceneritori nella terra dell’emergenza rifiuti [REPORTAGE]

Quattro inceneritori per bruciare oltre 2 milioni di tonnellate di rifiuti. Nella Campania dell’emergenza rifiuti e dei roghi tossici, il nuovo piano regionale prevede la costruzione di troppi termovalorizzatori: chi ci guadagna e quali sono i pericoli derivanti dalle nanoparticelle?
A cura di Alessio Viscardi
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le ecoballe di acerra

L'incendio delle ecoballe stoccate nelle piazzole dell'inceneritore di Acerra dello scorso 21 marzo riporta in primo piano il tema dell'emergenza rifiuti in Campania, proprio nelle ore in cui il Governo vara un decreto ambiente che -sottoponendo i trasferimenti fuori regione all'autorizzazione preventiva dei Governatori locali- rischia di bloccare il ciclo virtuoso avviato a Napoli nell'ultimo anno – non a caso il vicesindaco Tommaso Sodano ha recentemente dichiarato che in estate le strade potrebbero tornare lastricate di spazzatura. Diciottomila tonnellate di rifiuti bruciate a causa di ordigni esplosivi piazzati in un territorio controllato dall'esercito e da un istituto di vigilanza privato: soltanto pochi giorni prima, la Provincia di Napoli aveva ordinato la rimozione di quelle ecoballe -ufficialmente composte soltanto da frazione secca (carta e plastica). A poche decine di metri, continuano ad essere presenti altre migliaia di tonnellate di rifiuti "tal quale" provvisoriamente stoccati in un sito che il geologo Franco Ortolani ha più volte denunciato come inadatto a tale funzione.

Il termovalorizzatore di Acerra, l'unico costruito in Campania, è stato protagonista di una lunga vicenda cominciata nel lontano 1998. L'Impregilo vince la gara d'appalto presentando un preventivo che prevede costi ridotti e velocità di realizzazione, ma il progetto viene ultimato soltanto nel 2009 con la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del governo, l'occupazione militare del territorio, e costi elevati esponenzialmente. Da allora, per anni, le linee di incenerimento -costruite per bruciare soltanto frazione secca, ma adoperate per smaltire anche rifiuti tal quale con grosse percentuali di umido e organico- sono finite in manutenzione numerose volte, facendo ripiombare ciclicamente la provincia di Napoli in un'infinita emergenza rifiuti.

Il piano regionale rifiuti della Campania approvato a febbraio prevede la costruzione di altri quattro inceneritori, tra cui quello di Napoli est (fortemente osteggiato dall'amministrazione comunale guidata da Luigi de Magistris) e quello di Giugliano, necessario per bruciare oltre otto milioni di ecoballe taroccate stoccate a Taverna del Re da un decennio. Mentre i dati Ispra dimostrano che la produzione rifiuti è in costante calo, nella regione dell'emergenza rifiuti si prevede di bruciare circa due milioni di tonnellate annue di spazzatura a fronte di una quantità complessiva di 2,4 milioni nel 2011. Impianti sovradimensionati, a cui si affiancano numerose nuove discariche per la frazione organica stabilizzata proveniente dagli impianti Stir. Un piano fortemente contestato da tutti i comitati ambientalisti perché prevede una raccolta differenziata massima del 50%, a fronte di una legislazione nazionale che impone di raggiungere almeno il 65%. "Hanno invertito la gerarchia dei rifiuti – denuncia Lorenzo Tessitore del Co.Re.Ri – L'Unione Europea prevede che siano privilegiati prima pratiche di riduzione a monte, riuso e riciclo, soltanto alla fine della filiera si arriva a discariche e inceneritori. In questo piano, invece, si è prima calcolato quanti inceneritori costruire e poi si è dimensionata la raccolta differenziata di conseguenza". Numerose le imprecisioni nei dati rilevate dagli ambientalisti, ma anche una domanda semplice -a cui nessun tecnico regionale risponde: "Se si deve aumentare la raccolta differenziata per legge entro l'anno prossimo e per costruire un inceneritore ci vogliono almeno tre anni, cosa bruceremo quando saranno pronti?". Così, pare che qualcuno tra le stanze di Santa Lucia abbia in mente che "la vocazione industriale della Campania può essere la termovalorizzazione", ovvero bruciare rifiuti per produrre energia elettrica.

Stefano Montanari è un ricercatore che ha dedicato la vita allo studio delle nanoparticelle, molecole di atomi che si creano a seguito della combustione dei rifiuti negli inceneritori. Le pm10 e le polveri ancora più sottili, non vengono assolutamente bloccate dai filtri montati sui termovalorizzatori, secondo Montanari. Si infiltrano nelle cellule umane e non ne escono più, causando tumori e leucemie, trasmettendosi da madre a figlio attraverso il latte materno. Sono numerose le pubblicazioni che dimostrano come l'incidenza tumorale aumenti nei pressi degli inceneritori, delle discariche abusive e delle discariche legali. Davanti a questi dati allarmanti, invece di puntare su un modello di sviluppo sostenibile, il governo italiano continua a dare una sola risposta: bruciare tutto. Eppure, nulla si crea e nulla si distrugge.

L'inceneritore di Napoli est dovrebbe essere costruito in via De Roberto, a Ponticelli, estrema periferia degradata del capoluogo campano. Qualche mese fa, la gara per aggiudicarsi l'appalto andò deserta e soltanto la A2A dimostrò interesse nel progetto. Nonostante la strenua opposizione del Comune di Napoli, la Regione e il ministro dell'Ambiente Corrado Clini sembrano decisi ad andare avanti con la sua costruzione, un nuovo bando di gara dovrebbe essere presentato in aprile. Ma dove verrà edificato quello che viene già contestato come "ecomostro"? In una strada che per vent'anni è stata utilizzata come "scasso" clandestino da una banda camorrista che, rubando auto in tutta la città, utilizzava il luogo per smontarle e rivenderne i pezzi. Ciclicamente, per due decenni, le prove di questa attività sono state distrutte assieme a tonnellate di rifiuti tossici industriali sversati nell'area illegalmente. Soltanto ad agosto 2011, le forze dell'ordine hanno smantellato la centrale dei furti d'auto, ma le parole di un attivista della zona fanno risultare inquietante questa azione di repressione: "Un consigliere regionale del Pd ci aveva promesso che avrebbero rimosso lo scasso clandestino per costruire l'inceneritore".

Giugliano in Campania è un paese compromesso per sempre dall'inquinamento derivante da discariche -legali e abusive. Secondo una relazione presentata in Procura dal perito Balestrieri, nel 2035 nessuna forma di vita potrà resistere alla compromissione di falde acquifere, terreni e aria. Per decenni, in questo territorio sono state stoccate ecoballe provenienti da tutta la Campania: dovevano essere trattate per diventare CDR (combustibile da rifiuti) e private della parte organica, invece venivano truccate -come dimostra l'inchiesta Rompiballe che ha portato all'imputazione dell'ex-governatore Antonio Bassolino e dello stato maggiore della Protezione Civile, tra cui l'allora presidente Guido Bertolaso. Ora sono poste sotto sequestro: undici campi di calcio, otto milioni di tonnellate di rifiuti che dovranno essere bruciate in un inceneritore per circa sessant'anni. Le telecamere di fanpage.it sono entrate in questa città della "monnezza"  che dista poche centinaia di metri da uno STIR (impianto di tritovagliatura dei rifiuti) in funzione e da discariche illegali, come la Resit II sottoposta a bonifica e da cui si eleva costantemente del fumo chimico derivante dalla combustione sotterranea dei rifiuti industriali illecitamente sversati da aziende del nord Italia. Ecco per chi brucia la Campania.

Riprese in collaborazione con: Vincenzo Sbrizzi – si ringrazia l'on. Barbato per le riprese all'interno del sito di stoccaggio di Acerra.

(video rogo ecoballe: stompy1969)

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