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Omicidio Yara Gambirasio: “Ecco perché Bossetti è colpevole”

Nelle carte degli investigatori, ricostruisce Repubblica, ci sarebbero diversi indizi gravi contro Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello accusato del delitto di Yara. A casa dell’indagato è stata sequestrata anche una lettera di minacce.
A cura di Susanna Picone
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La Procura di Bergamo è convinta di avere prove sufficienti per incastrare Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello arrestato il 16 giugno con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio. Mentre gli avvocati dell’indagato pongono seri dubbi sulla ricostruzione dell’accusa, viene fuori che nelle carte degli investigatori non ci sarebbero solo le tracce di dna contro Bossetti, ma anche altri elementi che dimostrerebbero il coinvolgimento del carpentiere nel delitto. A scriverne oggi è il quotidiano Repubblica. Ad esempio, si fa riferimento a una lettera minatoria scritta con dei ritagli di giornali. Una missiva trovata dagli investigatori lo scorso 25 luglio a casa di Massimo Giuseppe Bossetti: il muratore l’avrebbe ricevuta prima della morte di Yara. Ma perché qualcuno avrebbe dovuto minacciare di morte Bossetti? Poi ci sarebbero anche i comportamenti dell’indagato, i suoi silenzi, e le testimonianze dei familiari. C'è quel silenzio “anomalo” tenuto in casa nei giorni successivi alla scomparsa da Brembate Sopra di Yara Gambirasio, mentre il resto del Paese parla della piccola Yara. Un silenzio che è in contrasto con quanto dichiarato dallo stesso Bossetti il quale agli inquirenti ha detto di essere rimasto molto colpito dal fatto (ma che secondo la moglie non ne avrebbe mai parlato in casa).

Yara, nelle carte degli investigatori gli indizi contro Bossetti

Il muratore, rivelano gli investigatori, si è “estraniato dall’episodio omicidiario”, “non facendo menzione con nessuno rispetto a quanto avvenuto alla povera Yara, il cui cadavere in quei giorni non era stato ancora rinvenuto”. Per polizia e carabinieri, Bossetti “ha eliminato arma e (altre) prove del delitto, ma non la sua firma (il Dna)”, rivelandosi “soggetto capace di commettere un omicidio efferato per modalità e caratteristiche della vittima ma non così preparato, da un punto di vista criminale, da eliminare dalla scena del ritrovamento del corpo, e quasi certamente dell'omicidio, indumenti contenenti tracce biologiche significative a lui riconducibili”.

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