Omicidio Sofia Stefani, “Improbabile la colluttazione con Gualandi”. In aula mostrate foto della vittima

Non ci sarebbero evidenze di una colluttazione tra Sofia Stefani, 33 anni, e il 63enne Giampiero Gualandi, l'ex comandante della Polizia Locale di Anzola Emilia (Bologna) accusato di averla ucciso.
Lo ha detto Marco Benassi, luogotenente della sezione investigazioni scientifiche del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Bologna, parlando davanti alla Corte d'assise, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo. Benassi si è occupato dei rilievi il giorno della morte della 33enne.
"Riteniamo improbabile che ci sia stata una colluttazione nell'ufficio di Gualandi. Sul viso di Stefani c'erano piccole lesioni scure, tipiche delle ferite con armi da fuoco a distanza ravvicinata. Esaminando poi l'arma si è riscontrato che non era una arma pulita di recente. L'arma era particolarmente sporca, e questo mi fa desumere che non fosse stata pulita", ha spiegato.
Gualandi è a processo con l'accusa di omicidio volontario aggravato (da futili motivi e dal legame affettivo). Più di un anno fa, lo scorso 16 maggio, il 63enne ha ucciso la collega, con cui aveva una relazione extraconiugale, nel suo ufficio presso il comando di Anzola. La donna è stata raggiunta da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi.
Secondo quanto sostenuto dalla difesa dell'imputato, il proiettile sarebbe partito accidentalmente durante una colluttazione, mentre la Procura ritiene che Gualandi abbia ucciso Stefani intenzionalmente.
"Durante gli accertamenti su Gualandi alla stazione dei carabinieri di Anzola mi ha colpito molto il fatto che io mi rivolgevo a lui chiamandolo ‘signor Gualandi', e lui mi rispondeva sottolineando ‘Commissario Gualandi'. Questa freddezza e mancanza di empatia per la vittima mi hanno colpito", ha aggiunto Benassi, rispondendo alla pubblico ministero che gli aveva chiesto quale era lo stato d'animo di Gualandi durante l'ispezione.
Benassi ha sottolineato inoltre che la cassetta in legno con il kit per pulire l'arma, che si trovava sulla scrivania di Gualandi, era priva "dell'olio e della pezzuola, quindi l'arma non si poteva pulire senza queste due cose".
In aula sono state anche mostrate le foto del cadavere di Stefani scattate durante i rilevi dai carabinieri e sono presenti entrambi i genitori della vittima. La madre della 33enne, di fronte ad alcuni scatti, si è coperta il viso con le mani.