Omicidio Nada Cella, un soccorritore racconta in aula: “Lei perdeva molto sangue, Soracco era pulito”

È ricominciato oggi, giovedì 18 settembre, il processo per l'omicidio di Nada Cella, la segretaria 25enne trovata morta nel maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco a Chiavari. L'ex insegnante Annalucia Cecere è imputata con l'accusa di aver ucciso la ragazza per gelosia.
Anche il commercialista è a processo per favoreggiamento: avrebbe mentito durante gli interrogatori con investigatori e inquirenti. Oggi il dibattimento è ripreso con l'ascolto dei racconti dei testimoni presentati dalla difesa.
In aula i legali di Cecere, gli avvocati Giovanni Roffo e Gabriella Martini, hanno citato sei persone. Il primo a parlare è stato Andrea Grillo, uno dei primi soccorritori arrivati in via Marsala la mattina in cui fu trovato il corpo.
"Quando entrammo – ha detto davanti ai giudici della Corte d'assise, presieduta da Massimo Cusatti – non c'erano macchie di sangue all'ingresso o in altre stanze. Trovammo la ragazza a terra, il volto verso l'alto e i piedi sotto la scrivania. Spostammo il tavolo per soccorrerla. C'era sangue ovunque".
"Per me fu scioccante anche perché la conoscevo. Quando la mettemmo sulla barella io e il mio collega ci sporcammo di sangue. Ne perse tantissimo anche in ambulanza. Sulla porta c'era Soracco, pulito, che ci disse che non l'aveva nemmeno toccata", ha aggiunto.
Subito dopo sono stati ascoltati due produttori di bottoni che hanno spiegato come quello trovato sotto il corpo della segretaria, che, secondo l'accusa, sarebbe compatibile con alcuni bottoni rinvenuti a casa dell'imputata, fosse di tipo a "gambo chiuso, che si cuce direttamente sul tessuto".
Non sarebbe quindi stato inserito in alcuna ghiara, come invece ha ipotizzato la pubblico minidtero Gabriella Dotto visto che venne trovato un cerchietto di plastica.
Cecere fu indagata anche all'epoca ma la sua posizione fu archiviata dopo cinque giorni. Secondo gli investigatori dell'epoca, quei bottoni non erano gli stessi di quello repertato. Ma proprio quei bottoni sarebbero tra gli elementi che hanno fatto riaprire il caso nel 2021.
In aula hanno parlato anche un investigatore dell'epoca, Franco Ramundo che ha ricordato come "la praticante di studio aveva detto che era sparita una spillatrice dalla scrivania di Nada ma la scientifica l'aveva usata ed era stata messa tra l'attrezzatura degli agenti".
A metà ottobre, con ogni probabilità, la pubblico ministero potrebbe iniziare la requisitoria e fare al giudice la richiesta di condanna.