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Naufragio migranti con 268 morti: a processo 2 ufficiali della Marina perché ritardarono i soccorsi

Leopoldo Manna e Luca Licciardi, rispettivamente ufficiale responsabile della sala operativa della Guardia Costiera e comandante della sala operativa della Squadra navale della Marina, sono stati rinviati a giudizio dal gup di Roma in relazione al naufragio dell’11 ottobre 2013 dove annegarono 268 migranti siriani, 60 dei quali erano bambini.
A cura di Davide Falcioni
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foto di repertorio
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Leopoldo Manna e Luca Licciardi, rispettivamente ufficiale responsabile della sala operativa della Guardia Costiera e comandante della sala operativa della Squadra navale della Marina, sono stati rinviati a giudizio dal gup di Roma in relazione al naufragio dell'11 ottobre 2013 dove annegarono 268 migranti siriani, 60 dei quali erano bambini. I due imputati sono accusati dal pubblico ministero Sergio Colaiocco di rifiuto d’atti d’ufficio e omicidio colposo. Il processo è stato fissato al 3 dicembre davanti alla II sezione penale del tribunale di Roma.

Stando alla ricostruzione effettuata dagli inquirenti i soccorritori della nave Libra della Marina Militare sarebbero arrivati in ritardo. Il natante, secondo gli avvocati dei superstiti e dei familiari delle vittime, "era già quattro ore prima del naufragio del peschereccio a sole 27 miglia marine dal peschereccio in difficoltà e avrebbe potuto intervenire prestando soccorso e salvando molte vite. Il peschereccio si capovolse a circa 50 miglia nautiche a sud di Lampedusa e a 180 migliaia da Malta”. L’inchiesta è scaturita da una denuncia presentata dal giornalista del settimanale L’Espresso Fabrizio Gatti. I superstiti, che viaggiavano sul barcone con un telefono satellitare, hanno dichiarato di aver “più volte chiamato” la Guardia Costiera ma che i soccorsi arrivarono in forte ritardo "anche perché le autorità italiane erano convinte che la competenza fosse maltese”. La stessa convinzione venne espressa dalla guardia costiera maltese, seppur a parti invertite. Il rimpallo di responsabilità fece perdere tempo prezioso per mettere in salvo le persone a bordo dell’imbarcazione.

Alcuni dettagli della tragedia vennero raccontati da  Wahid Hasan Yousef, cardiochirurgo siriano che nel naufragio  perse quattro figlie. Lui e la moglie riuscirono a salvarsi ma riferirono dell’assalto di una motovedetta libica al peschereccio, delle continue raffiche di mitra sparate per fermare la barca che ferirono tre persone e danneggiarono lo scafo facendogli imbarcare acqua. Il medico raccontò però soprattutto che i naufraghi aspettarono “i soccorsi inutilmente dalle 12 fino alle 17.07 quando l’imbarcazione si capovolse” e le persone a bordo morirono.

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