Morte Maddalena Carta, il collega: “Si spendeva per i pazienti, noi medici sottopagati e con turni massacranti”

Era instancabile Maddalena Carta, la dottoressa 38enne morta in seguito a un malore nella giornata di mercoledì scorso mentre era impegnata con i suoi pazienti. Nel suo studio riceveva oltre 1800 assistiti e per non lasciarli soli, il medico di famiglia di Dorgali aveva ignorato i sintomi che aveva avvertito già nei giorni precedenti durante le visite ai suoi pazienti.
"Aveva una passione e uno spirito di abnegazioni davvero rari. La fatica del nostro lavoro di medici qui si unisce a una propensione che Maddalena aveva per la cura". A parlare a Fanpage.it è il collega e amico di vecchia data della dottoressa Carta, il dottor Fabio Cosseddu, ortopedico e medico ospedaliero in Toscana.
"Si preoccupava per i dettagli della salute di tutti i pazienti e chiedeva quotidianamente dei loro progressi, cosa molto rara oggi. Con lei mi confrontavo a fine giornata, lavorava tantissimo. Era diventata il riferimento di tutta Dorgali che purtroppo vive una forte carenza di medici di base e specialisti. Le liste d'attesa sono lunghissime e per essere visitati da specialisti i pazienti devono percorrere chilometri".
Alla situazione di emergenza si è unito l'amore e lo spirito di sacrificio della dottoressa. "Alcuni pazienti mi hanno parlato di lei dopo la tragedia, tutti mi dicevano che rispondeva sempre in tempi rapidi e con estrema gentilezza – ha sottolineato Cosseddu -. In generale per noi medici la situazione è critica, ma lo è anche per i pazienti. Siamo oberati di lavoro, ma le persone a volte hanno problemi a ricevere impegnative per un farmaco o a seguire una terapia perché mancano i medici che possono fare un'iniezione. Per noi che restiamo non è facile".
Secondo Cosseddu, la categoria è stata per anni dimenticata dalle istituzioni. "Io direi ignorata. Si deve spendere per investire sul sistema sanitario. Si è costantemente sotto organico, con 5 o 8 unità in meno. Inoltre i medici devono fare fronte a grandi responsabilità, ma questo è intrinseco nel nostro lavoro. Anche la burocrazia è pesantissima: passiamo più tempo al monitor a compilare carte che con i pazienti. Il nostro lavoro non si limita più all'assistenza sanitaria, che già è vastissima, ma anche alla redazione di carte. Economicamente siamo bistrattati per il lavoro che facciamo".
I laureati in medicina che ogni anno si affacciano al mondo del lavoro sono comunque troppo pochi per far fronte al numero di medici richiesti. "I ragazzi vengono messi davanti a responsabilità grandissime e a carichi di lavoro indicibili ai quali spesso bisogna sacrificare la vita privata", dice il medico.
Cosseddu conosceva la 38enne dai tempi del liceo. Entrambi avevano scelto di fare i medici. Lui lavora come ortopedico in ospedale, mentre lei era medico di famiglia a Dorgali. "Dava tutta se stessa per gli altri e rinunciava a tutto. Era protettiva nei confronti delle persone, era una sua caratteristica anche ai tempi della scuola. Ha portato questo suo lato caratteriale nel lavoro, fino alla fine”.