Molestie alle allieve, sì alla destituzione del giudice Bellomo. Lui: “Un’ingiustizia”

Dopo le pesante accuse di molestie da parte delle sue allieve, che sarebbero state costrette a indossare tacchi e minigonne per lui, arrivano le prime gravi conseguenze per il giudice Francesco Bellomo. L'adunanza generale del Consiglio di Stato infatti nelle scorse ore ha dato parere favorevole alla sua destituzione per aver leso il prestigio della magistratura. A questo punto per la rimozione di Bellomo dai ranghi della magistratura amministrativa mancano soltanto il via libera del Consiglio di presidenza, convocato per venerdì prossimo e poi la firma del presidente della Repubblica, anche se l'interessato quasi sicuramente presenterà ricorso.
Dopo due ore di riunione, la seduta presieduta dal presidente aggiunto Filippo Patroni Griffi ha votato quasi all'unanimità il parere "conforme" alla decisione del Cpga, il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa dello scorso 27 ottobre di destituzione. C'è stato un solo voto contrario che riteneva la destituzione una sanzione troppo pesante, a cui va aggiunta qualche astensione. In effetti l'uscita dai ranghi della giustizia ordinaria è la sanzione massima prevista per un giudice ed è la prima volta che avviene per un caso del genere.
Anche per questo Bellomo non ci sta e attacca pubblicamente la decisione. "Ingiustizia è fatta", ha commentato a caldo dopo aver ricevuto la notizia. Il giudice è finito al centro della bufera non per una violazione compiuta esercitando la funzione di magistrato, ma per i comportamenti tenuti nella scuola di aspiranti magistrati "Diritto e scienza" da lui gestita. In particolare è accusato di aver imposto dress code che prevedevano tacchi a spillo e minigonne oltre a molestie varie sulle ragazze, oggetto di di due inchieste: a Bari e a Piacenza.
"Dopo quasi 25 anni di lodevole servizio per lo Stato vengo destituito perché, nella mia vita privata, in veste di direttore scientifico di una scuola di formazione giuridica (e centro di ricerca), sono stato autore di contratti di borsa di studio e pubblicazione sulla rivista telematica" si difende Bellomo, sostenendo che "la legge non consente la destituzione" per le ipotesi per cui viene cacciato, "prevista solo in caso di condanna per gravi reati". "Io non ho subìto alcuna condanna, neppure alcun processo. L'unica condanna che ho subito, con effetti devastanti, è stata quella mediatica" ha concluso Bellomo.