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Milano, arrestata una prostituta. Un uomo si appartò con lei e morì

Il 22 giugno di un anno fa un uomo di 44 anni fu trovato senza vita nella sua auto alle porte di Milano. Aveva un laccio sottile attorno al collo. Si era appartato con una donna, ora fermata per omicidio volontario.
A cura di Susanna Picone
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A quasi un anno da una morte che finora era rimasta avvolta nel mistero i carabinieri hanno arrestato una persona con l’accusa di omicidio volontario. Finisce in manette una prostituta 22enne albanese: avrebbe ucciso, il 22 giugno del 2012, Salvatore Cercabene. L’uomo, che aveva 44 anni, fu trovato senza vita nella sua Audi A3 in via Bisnati a Bruzzano, alle porte di Milano. Era arrivato lì da Caltanissetta meno di 48 ore prima ed era stato trovato morto, senza vestiti e con un laccio sottile attorno al collo. Nell'auto c'erano anche delle scarpe da donna con il tacco. I carabinieri avevano dedotto che l'uomo fosse morto subito dopo aver consumato un rapporto sessuale, probabilmente per un attacco di cuore. L'esito dell'autopsia, però, ha poi smentito questa ipotesi investigativa: il 44enne non aveva consumato droga, alcool, farmaci e i medici avevano escluso la morte dovuta a un infarto. Cercabene era morto, invece, per asfissia meccanica determinata da una compressione delle parti molli del collo, compatibile con lo strozzamento o lo strangolamento.

La prostituta nelle immagini delle telecamere di sorveglianza – E la prostituta fermata fu colei che si appartò con la vittima la notte del decesso: a individuarla sono state le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona che hanno ripreso una giovane nuda, coperta solo da una maglietta appoggiata sul petto, in fuga con in mano un telefonino. Lushi Gejsi – questo è il nome della donna – è stara arrestata dai carabinieri in viale Enrico Fermi, dove lavorava abitualmente. I militari l'hanno interrogata e hanno ottenuto un campione di Dna che hanno confrontato con alcune tracce trovare sul cadavere di Cercabene. Le analisi hanno permesso di verificare che la donna (che dopo il decesso dell’uomo era tornata in Albania, aveva cambiato nome e poi era rientrata in Italia tra febbraio e marzo 2013) era sul luogo del delitto.

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