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“Mi hanno fratturato un braccio e poi costretta a mentire”. L’orrore nella casa di riposo di Palermo

“Era un inferno, le badanti non facevano altro che picchiare me e gli altri anziani”, racconta l’ospite che grazie a una telefonata ha fatto scattare la denuncia e le indagini che hanno portato agli arresti del presidente e dei gestori della casa di riposo ‘I nonni di Enza’. Per me questa è stata un’esperienza terrificante. Mi chiamavano continuamente ‘puttana’ offendendomi gratuitamente”.
A cura di Biagio Chiariello
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Nuovi inquietanti particolari sulla casa di riposo lager a Palermo, appartenente alla onlus “I nonni di Enza”. Le indagini della Guardia di finanza ieri hanno portato agli arresti domiciliari della presidente dell’associazione che gestisce la struttura, Vincenza Alfano, 28 anni, e agli assistenti, Maria Grazia Ingrassia, 56 anni, Carmelina Ingrassia, 52 e Mariano Ingrassia, 63. Le indagini del Dipartimento fasce deboli della Procura coordinato dall’aggiunto Laura Vaccaro contestano le accuse di maltrattamenti e lesioni personali, ma anche violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Viene contestato pure il mancato rispetto di tutte le norme anti Covid, questa mattina gli anziani saranno sottoposti a tampone e visite mediche.

I tre fratelli Ingrassia non sapevano che da due mesi telecamere e microspie registravano tutto quanto accadeva nella struttura. "Era un inferno, le badanti non facevano altro che picchiare me e gli altri anziani", racconta, come riporta la Gazzetta di Sicilia, un'ospite che grazie a una telefonata ha fatto scattare la denuncia e le indagini: "Per me questa è stata un’esperienza terrificante. Durante il mio soggiorno venivo sempre maltrattata sia fisicamente e soprattutto moralmente. Mi chiamavano continuamente ‘puttana' offendendomi gratuitamente".

Mi strattonavano, mi tiravano i capelli, mi picchiavano con calci nelle gambe, tutto per futili motivi. Mi hanno reso la vita impossibile, tant’è che io più volte ho chiamato per farmi trasportare in un’altra casa di riposo. Ricordo che una volta mi hanno rinchiuso in una stanza togliendomi il telefono per non farmi fare telefonate alla polizia…Non mi davano i farmaci previsti. Non mi hanno mai dato gocce di
farmaci per dormire, però ricordo che quando bevevo l’acqua o altre bibite erano sempre amare e dopo che bevevo mi sentivo stordita".

Nel verbale viene ricostruita anche l’aggressione che fece finire la sventurata in ospedale: "Una volta – racconta – tale Maria Grazia, per farmi buttare la sigaretta mi ha picchiato sul braccio sinistro con una bottiglia di acqua in plastica, procurandomi una frattura. Quando sono stata portata al pronto soccorso ho dovuto dichiarare che mi ero fatta male da sola, in quanto Carmelina, Maria Grazia e la titolare mi hanno minacciato che se avessi detto la verità una volta tornata a casa mi avrebbero massacrato di botte".

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