Medico di Brescia racconta: “Mio fratello ucciso a Gaza, ho paura di leggere i nomi dei miei cari tra i morti”

Raed Almajdalawi è radiologo in un ospedale di Brescia, dove è arrivato 27 anni fa da Gaza. I suoi parenti sono rimasti in patria e 24 di loro, tra cui il fratello Ramez, hanno perso la vita dall’inizio dell’ultimo conflitto in Palestina.
A cura di Chiara Daffini
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Raed Almajdalawi
Raed Almajdalawi

Raed Almajdalawi, radiologo palestinese arrivato 27 anni fa in Italia per studiare Medicina all'università, ci accoglie nella sua casa alle porte di Brescia, in un giardino colorato dai fiori estivi e dai giocattoli dei bambini disseminati sul prato. Spento invece è il suo sguardo: "Tutta la mia famiglia d'origine – spiega a Fanpage.it – è rimasta a Gaza. Dal 7 ottobre la mia vita è cambiata completamente, non faccio altro che guardare le notizie e controllare Telegram, sperando di non trovare tra i morti i nomi dei miei parenti". Ventiquattro di loro sono morti a causa della guerra riaccesasi tra Israele e Palestina dall'autunno del 2023.

Che cosa l'ha spinto a venire in Italia?

"Era il 1997 e allora a Gaza non c'erano facoltà di Medicina, studiare fuori sarebbe costato troppo ma per fortuna ho ottenuto una borsa di studio e sono arrivato a Brescia, dove oggi lavoro come radiologo e vivo insieme a mia moglie e i miei tre figli".

Gli altri suoi familiari sono rimasti a Gaza?

"Sì, io sono l'unico a essere emigrato, tutti i miei parenti vivono nella Striscia, la maggior parte nel campo profughi di Al Nusairat, nelle tende, mentre mia sorella è rimasta a Gaza City e abita tra le macerie della sua casa, distrutta nel novembre del 2023".

Come sta vivendo questa situazione?

"Dal 7 ottobre ho iniziato a controllare incessantemente le notizie. La mia paura è che un giorno, aprendo Telegram, io possa trovare i nomi dei miei familiari tra i morti. È successo con mio cugino quattro settimane fa e prima di lui era morta sua moglie, di 22 anni, al settimo mese di gravidanza. Ho perso 24 parenti, l'ultimo è stato mio fratello Ramez, il 13 luglio".

Ramez Almajdalawi, fratello di Raed.
Ramez Almajdalawi, fratello di Raed.

Che cosa gli è successo?

"È stato ucciso mentre era alla guida di un'autocisterna carica d'acqua da distribuire alle famiglie bisognose. Ramez aveva 45 anni, faceva l'idraulico, anche se come il resto dei gazawi per la guerra era rimasto senza lavoro. Aveva cinque figli, di età compresa tra i 4 e i 22 anni, due di loro lo scorso dicembre sono stati colpiti da un bombardamento mentre erano in strada, con conseguenze gravi a livello di danni neurologici. Provo un grande dolore e un grande vuoto per la sua perdita, non era solo mio fratello, era anche il mio migliore amico, però sono fiero di lui, sono orgoglioso per come ha sempre aiutato gli altri".

Qual è il sentimento prevalente adesso?

"La frustrazione e un senso di impotenza, soprattutto perché sono medico e non posso aiutare né i miei familiari né tutta la mia gente, gli abitanti di Gaza. Sono responsabile di PalMed Italia onlus, l'associazione dei medici palestinesi in Italia, che opera per portare aiuti e progetti sanitari tanto nella Striscia di Gaza quanto nei campi profughi e in Cisgiordania. I colleghi sul campo mi riportano una situazione allo stremo, in continuo peggioramento. Nessun ospedale è pienamente operativo, mancano persino le garze e gli strumenti di cura più basilari, inoltre gli stessi sanitari sono continuamente sotto attacco, ne sono morti 1500".

Ne conosceva qualcuno?

"Tantissimi. Mi ricordo per esempio di un collega che all'inizio di quest'ultimo conflitto aveva lavorato otto giorni senza mai fermarsi. All'ottavo giorno è tornato a casa per salutare la sua bambina e lì è stato barbaramente ucciso insieme a tutta la sua famiglia".

Sembrano mancare le parole per descrivere appieno questo dramma. Lei le ha trovate?

"Tutti gli abitanti di Gaza sono esseri umani come noi. Sono madri, padri, bambini, con sogni, con ambizioni e sentimenti, con persone che amano e da cui sono amati. Desiderano vivere con dignità e in sicurezza, ma la loro è una tragedia che comincia dalle cose banali e non finisce con le cose complesse: dalla fame e la sete alla perdita dei familiari. Quello che chiedo al mondo, o almeno a chi ha un briciolo di coscienza e di umanità, è di non restare in silenzio, di dire basta a quello che sta succedendo a Gaza".

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