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Mauro Romano, il mistero del rapimento più lungo del mondo

A 44 anni di distanza dalla scomparsa del piccolo Mauro Romano, restano ancora tanti i dubbi, i misteri e gli interrogativi irrisolti di una vicenda che sembra un giallo. Il caso è anche al centro di un libro inchiesta di Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni che da due anni lavorano sul mistero di Mauro Romano non a caso definito il rapimento più lungo del mondo.
A cura di Antonio Palma
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Oltre 44 anni di enigmi, errori investigativi, molti dubbi ma anche speranze mai affievolite da parte dei familiari, è il mistero della scomparsa di Mauro Romano, il bimbo di sei anni rapito davanti casa dei nonni a Recale, in Salento, il 21 giugno del 1977 e mai più ritrovato. Nonostante le nuove speranze dei genitori e dei parenti su una possibile somiglianza con uno sceicco arabo e le nuove indagini della magistratura che potrebbero arrivare finalmente a fare luce su quanto accaduto, restano mollissi i nodi irrisolti di questa vicenda. Il caso è anche al centro di un libro inchiesta di Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni che da due anni lavorano sul mistero di Mauro Romano non a caso definito il rapimento più lungo del mondo.

In “Storia di una scomparsa”, in uscita a giugno per Fandango, i due autori ripercorrono la vicenda del piccolo Mauro Romano, tra intrighi internazionali, corruzioni e documenti inediti cercando di fare il punto sul caso che proprio in questi giorni è tornato sulle pagine dei giornali dopo le affermazioni della madre di Mauro, Bianca Romano, sulle cicatrici dello sceicco Mohammed Al Habtoor, figlio di uno degli uomini più potenti del mondo, apparse in alcune foto mondane che corrisponderebbero esattamente a quelle che aveva il bimbo al momento della scomparsa.

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Perché avete deciso di interessarvi a questa storia così poco conosciuta e cosa vi ha spinto a scrivere un libro su questa vicenda?

Nel 2017 eravamo in Puglia e stavamo facendo delle ricerche sulle organizzazioni settarie per un libro che sarebbe uscito l’anno dopo con Fandango, "Nella Setta". Incontrando diversi Testimoni di Geova siamo venuti a conoscenza della storia di Mauro, i cui genitori frequentavano all’epoca dei fatti la Sala del Regno di Racale. Quella di Mauro Romano era una storia che aveva dell’incredibile. Sembrava un giallo, invece era vita vera. Realtà.

Ci siamo da subito appassionati alla forte personalità di mamma Bianca, alla tenacia del fratello di Mauro, Toni, alla dolcezza di papà Natale. E poi abbiamo cominciato a leggere tutti i documenti. Siamo riusciti, nel corso dei mesi, a procurarci anche carteggi inediti ed esclusivi. Nonostante siano passati 44 anni, durante i quali peraltro sono stati commessi pesanti errori da parte delle istituzioni e delle organizzazioni coinvolte che hanno compromesso in alcuni casi le indagini, tutto ci sembra ancora avvolto nel mistero.

In base a quanto avete raccolto, dopo 44 anni ci sono nuovi elementi che potrebbero dare impulso alle indagini sulla sorte di Mauro?

Oggi il quadro che emerge, al di là di quello che sta venendo fuori in questi giorni con la presunta pista araba, rivela che la vicenda Romano ancora non può dirsi chiusa. Innanzitutto il pregevole lavoro condotto dalla pm Stefania Mininni è stato fondamentale per accendere un faro sulla vicenda. Ma ci sono altre strade ancora da dover battere. Non solo quella che porta a Dubai. Ma anche un’altra, fondamentale e inedita, che conduce in Svizzera dove per decenni la famiglia Romano ha vissuto e a cui grande spazio dedichiamo nel libro.

Le indagini della magistratura si sono concentrate su persone vicine alla famiglia o comunque conosciute, voi che idea vi siete fatti?

Ovviamente è solo la magistratura a poter porre la parola fine alla vicenda. Dalle carte delle indagini, però, spuntano più testimonianze concordi sulla presunta responsabilità di persone molto vicine alla famiglia. La nostra idea, sostenuta anche dai documenti che abbiamo avuto modo di leggere in via esclusiva, è che ci siano senz’altro delle responsabilità tra gli abitanti di Racale. Responsabilità che portano all’estero.

Secondo voi cosa spinge la mamma di Mauro a pensare che suo figlio sia ancora vivo dopo tanti anni?

Quando abbiamo conosciuto la signora Bianca la prima volta abbiamo subito compreso la forza della donna, la tenacia della mamma, la dolcezza di una persona che da 44 anni lotta per ritrovare suo figlio. Bisognerebbe conoscerla, guardarla negli occhi per comprendere la sua energia e al tempo stesso il suo calore materno. Basti pensare questo: al di là se si creda o meno alla pista araba – sulla quale nel libro ci concentriamo ampiamente, svelando anche inediti elementi – parliamo di una donna, di una famiglia, di un piccolo paesino del Salento che è riuscita a coinvolgere istituzioni e a mettersi in contatto con uno degli uomini più ricchi del mondo, in modi talmente rocamboleschi da fare invidia a film hollywoodiani. Una forza incredibile che probabilmente solo la scomparsa di un figlio può giustificare. E che noi raccontiamo con tutta la sincerità e la forza di cui siamo capaci in “Storia di una scomparsa”.

Perché i coniugi Romano sono così sicuri che lo sceicco ritratto in quella foto sia Mauro?

Secondo la famiglia ci sono diverse questioni che restano aperte. Ci sarebbero due cicatrici, ma anche altri elementi che sveliamo in esclusiva nel libro. E poi ci sono i comportamenti della famiglia, a cominciare da degli appuntamenti incredibilmente sfumati dopo che erano stati concordati direttamente con gli Al Habtoor. E poi, ancora, altri indizi – alcuni dei quali spuntano dall'inchiesta in corso a Lecce – che non possono essere sottaciuti. Come dice l’avvocato della famiglia Romano, Antonio Maria La Scala, l'unica certezza sulla pista araba però potrà arrivare solo e soltanto dal test del Dna. Prima di allora tutti i dubbi o i presunti indizi resteranno tali.

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