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Mario Monicelli si suicida nella notte, l’Italia è sotto shock

Mario Monicelli è morto, dopo essersi lanciato dal quinto piano dell’ospedale San Giovanni a Roma dove era ricoverato. Muore così, all’età di 95 anni, il maestro…
A cura di Anna Coluccino
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Mario Monicelli è morto, dopo essersi lanciato dal quinto piano dell'ospedale San Giovanni a Roma dove era ricoverato.

Muore così, all'età di 95 anni, il maestro indiscusso della commedia all'italiana. Un pensatore fine e pungente, un intellettuale vero, di quelli che hanno saputo tenere il loro sguardo fisso sul mondo, fino alla fine.

Al momento, scarseggiano ulteriori dettagli sull'accaduto.

L'evento è fin troppo vicino perché si possa fornire una lucida cronologia dei fatti, e, in ogni caso, non importa.

Mario Monicelli era gravemente malato e, per chi ne ha conosciuto l'indole fiera e battagliera, appariva evidente che la malattie pesasse anche sul suo naturale ottimismo. Le ultime apparizioni del geniale regista, infatti, si contraddistinguono per la profonda amarezza, mista a un pizzico di rimpianto.

Nato a Viareggio nel 1915, Monicelli si è fatto strada nella vecchia scuola del cinema italiano, ma ha saputo diventare pioniere a sua volta, e protagonista indiscusso del rinascimento culturale italiano. Il cinema del secondo dopoguerra porta la sua firma, e l'indiscussa maestria  lo porterà a conquistare il Leone d'oro a Venezia nel 1959 e a sfiorare l'Oscar l'anno dopo con il capolavoro La Grande Guerra.

Ma non è solo per l'indubbio talento di narratore che ricordiamo, oggi, la vita di Mario Monicelli.

Celebriamo la sua esistenza perché non ha mai mollato, perché ha avuto il coraggio di indignarsi e di alzare la voce, fino alla fine, anche quando stentava a credere che avesse ancora un senso, parlare.

Celebriamo Mario Monicelli perché non è mai stato vecchio, ma saggio sì, costantemente un passo avanti a tutti.

L'ultima scena dello straordinario racconto che porta il sua nome ci lascia tutti si stucco: perché è violenta e disperata, senza sconti, senza alcuno spazio per l'ironia. E' con la tragedia che il maestro ha deciso di mettere un punto alla sua storia.

Il suicidio di Mario Monicelli atterrisce. Eppure, allo stesso tempo, ha la forza del suicidio filosofico, lo spessore del gesto deliberato, volontario, deciso, poetico, dell'abbandono consapevole della vita.

Forse qualcuno si aspettava che il grande maestro, come il suo personaggio Brancaleone, combattesse contro la morte finché ne avesse avuto le forze, ma Brancaleone era un simpatico ciarlatano, Monicelli era un filosofo.

E' curioso che il grande cineasta sia morto lo stesso giorno in cui è mancato un altro simbolo della commedia come Leslie Nielsen, anche se di una commedia di tutt'altro genere.

Certo, le due cose non hanno nessuna relazione, ma la follia del caso oggi ci ha privato di due icone del riso: l'una incline alla risata grassa, piena, di pancia, l'altra dedito all'ironia, alla satira amara, al sorriso piccolo e intenso che si disegna sugli labbra di tutti quando ammiriamo capolavori come I soliti ignoti, Amici miei, Il marchese del grillo.

Mario Monicelli non si è mai risparmiato nella vita, ed oltre ad aver lottato politicamente e ad aver dedicato la sua vita alla commedia, ha saputo e voluto riscoprire anche il gusto amaro della tragedia, una tragedia sottile, in minore che esplode all'improvviso, crudele e impietosa con nel film Un borghese piccolo piccolo.

Ricordo che, nel corso di un'intervista, qualcuno gli chiese quale fosse il suo rapporto con la morte e che cosa si aspettasse. La sua risposta mi fece molta impressione, per la bellezza e la semplicità dell'immagine a cui rimandava.

Monicelli disse di non credere in una vita dopo la morte, ma che se proprio avesse dovuto immaginare il paradiso perfetto, allora si sarebbe figurato un luogo in cui poter leggere ancora i giornali, per sapere come va a finire.

Ovunque sia, ora, mi auguro che abbia modo di scoprire ciò che accadrà, perché se lo è meritato.

Addio, maestro.

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