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Bimbo ucciso a Trieste: i racconti delle presunte violenze della madre e la denuncia, il giudice archiviò

I racconti del piccolo avevano portato alla denuncia del padre contro la ex ma la donna si era difesa: “Controllavo se il padre lo avesse violentato”: Pm e giudice archiviarono: “Contenzioso per l’affidamento del figlio”.
A cura di Antonio Palma
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La morte del piccolo Giovanni, ucciso dalla madre a Muggia (Trieste) durante un incontro non protetto era evitabile? È la domanda a cui ora tutti cercano di dare una risposta dopo la tragedia che si è consumata mercoledì scorso per mano della donna, la 55enne Olena Stasiuk già in passato in cura in un Centro di Salute Mentale e seguita dai servizi sociali. Un interrogativo che angoscia soprattutto il padre del piccolo che si era opposto a quegli incontri e denunciato la ex moglie dopo aver raccolto alcuni racconti del bambino di 9 anni che aveva rivelato: “Mamma mi ha strozzato. Mamma mi ha infilato un dito nel sedere dicendo ‘così non va bene’”.

Quei racconti erano finiti in una denuncia-querela dell’uomo contro la ex nel 2023 che però il giudice aveva archiviato accogliendo la richiesta della procura di Trieste. Secondo la denuncia, riportata da Il Piccolo, la donna aveva assunto comportamenti gravi nei confronti del figlioletto nel corso dell’estate. Le frasi riportate nei verbali allegati riferiscono in particolare di due casi, nel primo il bimbo aveva riferito al padre che nel riportarlo a casa la madre gli aveva afferrato prima il polso facendogli male e poi gli aveva stretto le mani attorno al collo.

Circa un mese dopo il bambino aveva poi riferito di un altro gesto doloroso subito dalla mamma: “Mi ha infilato un dito nel sedere”. Un racconto che aveva spinto il padre a portare il piccolo in ospedale e a presentare denuncia, chiedendo al contempo la sospensione degli incontri tra la donna e il piccolo che viveva con lui dopo la separazione della coppia. Le accuse erano gravissime: maltrattamenti in famiglia, lesioni personali aggravate e violenza sessuale ai danni del minore.

La donna però si era difesa sostenendo che era stata lei a essersi insospettita da alcune circostanze e quindi avrebbe controllato il sederino del bimbo per verificare se il padre avesse abusato sessualmente del figlio.

Il procedimento penale era finito però in un nulla di fatto visto che per il pm rientrava semplicemente nelle beghe tra i due coniugi per la causa civile per l’affidamento del bimbo. “L’unico elemento a carico dell’indagata consiste nelle dichiarazioni de relato della piccola vittima riportate dal padre e dal bambino stesso ai medici, ma in presenza del padre” scriveva la pm nella richiesta di archiviazione accettata poi nel gennaio dello scorso anno dal giudice. I segni riscontrati in ospedale infatti erano stati ritenuti non così gravi da fare ipotizzare maltrattamenti.

Le successive perizie sulla donna infine avevano ridato il via libera agli incontri non protetti col bimbo nonostante lo stesso piccolo, interpellato espressamente, aveva detto agli inquirenti: “Non so se è una buona idea". “Questa è una tragedia annunciata, il fallimento di un sistema che avrebbe dovuto proteggere il minore e che invece non lo ha fatto” ha dichiarato l’avvocato del padre che si era opposto agli incontri non protetti anche nell’ultimo istanza nel maggio scorso.

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