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Mali, liberato l’italiano Luca Tacchetto: era stato rapito 15 mesi fa con la sua fidanzata

Luca Tacchetto e la compagna Edith Bias erano stati rapiti in Burkina Faso nel dicembre del 2018 mentre erano impegnati in un viaggio turistico nella regione del Sahel. In seguito erano stati trasferiti in Mali, probabilmente da uno dei gruppi di contrabbandieri in contatto con milizie jihadiste.
A cura di Davide Falcioni
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Luca Tacchetto e la sua fidanzata, la canadese Edith Bias, sono stati liberati in Mali dopo 15 mesi di prigionia. A dare la notizia il New York Times. I due erano stati rapiti in Burkina Faso nel dicembre del 2018 mentre erano impegnati in un viaggio turistico nella regione del Sahel. In seguito erano stati trasferiti in Mali, probabilmente da uno dei gruppi di contrabbandieri in contatto con milizie jihadiste che da anni sono presenti nella regione. Milizie che da tempo si sono affiliate all’Isis e a gruppi che negli anni hanno lavorato con Al Qaeda. Stando a quanto ricostruito dal capo della missione Onu Minusma, nel Mali, Mahamat Saleh Annadif, in base ad alcune informazioni preliminari, i due sono riusciti a fuggire dai loro sequestratori a Kidal in Mali e hanno fermato un'auto che li ha condotti alla più vicina base dei caschi blu dell'Onu.

L'ingegnere padovano Luca Tacchetto – 30 anni – e la sua compagna, la 34enne canadese Edith Biais, erano scomparsi il 15 dicembre del 2018: i due giovani stavano attraversando il Burkina Faso a bordo dell’auto con cui erano partiti un mese prima dal Veneto. Poche ore prima di sparire erano stati ospitati da Robert Guilloteau, un francese che conoscevano e con il quale erano usciti insieme quella sera. L’ultimo video mandato da Luca ai genitori – il padre del giovane scomparso è l’ex sindaco di Vigonza – risale proprio a quella serata. Da quel momento in poi dei due ragazzi non si era saputo più nulla anche se nell'aprile del 2019 il ministro dei Rapporti col Parlamento del Paese africano Rémis Dandjinou aveva rassicurato le famiglie dei due, spiegando che erano certamente vivi e che si stava facendo il possibile per riportarli a casa, ma non erano in imminente pericolo di vita.

Il ministro aveva quindi garantito che il governo avrebbe fatto di tutto per liberare l'italiano e la canadese: “Per noi hanno importanza particolare perché sono persone che danno la loro vita, il loro tempo, la loro energia per sviluppare il nostro Paese. Il minimo che possiamo fare è garantirne la sicurezza e fare in modo che possano tornare a casa”.

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