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“Luca e Marirosa picchiati e annegati”: cosa non torna nel caso dei fidanzati morti a Policoro nel 1988

Quello di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, i due fidanzati trovati morti a Policoro nel 1988, non fu un decesso per cause accidentali ma furono uccisi, prima aggrediti e poi annegati. È l’ipotesi che emerge dalla relazione criminologica e medico-legale firmata dal professor Francesco Bruno e da diversi altri esperti nel 1998. Ecco cosa non torna nel caso della misteriosa morte dei ragazzi.
A cura di Eleonora Panseri
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Luca Orioli e Marirosa Andreotta.
Luca Orioli e Marirosa Andreotta.

Luca Orioli e Marirosa Andreotta "sono morti entrambi per annegamento", una morte che può essere attribuibile solo a "terze persone". È la convinzione del professor Francesco Bruno, neuropsichiatra e criminologo che nel 1998 firmò, insieme ad altri esperti, un parere pro veritate sul caso dei fidanzati di Policoro.

Il documento, che Fanpage.it ha avuto modo di visionare, è uno di quelli allegati nell’integrazione per l’avocazione delle indagini presentata a fine settembre dall'avvocato Antonio Fiumefreddo a nome della famiglia Orioli, affinché il caso passi dalla Procura di Matera, che ha rigettato di recente l'istanza di riapertura delle indagini, alla Procura generale di Potenza.

I corpi dei due 20enni furono trovati nel bagno dell'abitazione della ragazza il 23 marzo 1988 e il caso venne riaperto e chiuso più volte. I diversi periti a cui negli anni fu chiesto di stabilire la causa del decesso parlarono di morte accidentale: per folgorazione, elettrocuzione e per intossicazione da monossido di carbonio.

Ipotesi alle quali la famiglia non ha mai creduto e, anche con questa nuova iniziativa legale, continua a chiedere verità e giustizia per i due ragazzi. La relazione criminologica del 1998 evidenzia numerosi elementi che smentirebbero categoricamente la morte accidentale e confermerebbe una pista diversa: quella del duplice omicidio. 

L'esame esterno dei corpi eseguito "frettolosamente e superficialmente"

Il primo elemento problematico sottolineato dal parere pro veritate di Bruno riguarda l'esame esterno eseguito subito dopo il ritrovamento dei due cadaveri. L'incarico venne affidato alla dottoressa Rosa Salinardi, medico necroscopico, che il 24 marzo 1988 alle ore 16.30 eseguì l'ispezione.

L'esame necroscopico, tuttavia, venne effettuato "frettolosamente e superficialmente", si legge nel documento. Per stessa ammissione del medico, non venne sollevato nemmeno il lenzuolo per scoprire il corpo dei ragazzi.

Anche Salinardi si sarebbe fatta "influenzare dalla teoria prevalente", probabilmente guidata anche dalle parole del vice Pretore, e all'epoca stabilì che la morte di entrambi era avvenuta per folgorazione.

La perizia che esclude la morte elettrica o per intossicazione da monossido di carbonio

Le successive consulenze tecniche e perizie, ricostruite nella relazione del '98, sembrano tutte confermare la morte accidentale. Una perizia datata 1989 stabilì infatti che i due ragazzi erano morti per folgorazione, mentre una perizia successiva, del marzo 1995, aveva introdotto l'ipotesi della morte per "avvelenamento da CO".

Bisogna precisare però che il lavoro svolto dagli esperti che stilarono queste due perizie e una terza del '97, che stabilì la morte per elettrocuzione, fu basato soltanto sugli atti d'indagine dei vari procedimenti e sulla documentazione fotografica in essi contenuta.

Soltanto una delle perizie eseguite per tentare di far luce sulla morte dei due ragazzi, quella firmata da Giancarlo Umani Ronchi e Claudio De Zorzi, si basò sull'esame dei cadaveri. I corpi furono riesumati il 26 gennaio 1996, a otto anni di distanza e, seppur con oggettive difficoltà proprio legate al tempo, i due periti arrivarono a conclusioni diverse. 

Esclusa la morte per cause naturali o accidentali

La perizia, estremamente dettagliata, mise in evidenza tutte le contraddizioni delle dichiarazioni dei testimoni, così come l'esame superficiale della dottoressa Salinardi, ricordando anche che il medico dichiarò di essere stata indotta dal vice pretore "a fare le cose in fretta e a giungere alla diagnosi suggeritale da altri", ricostruisce la relazione.

Ronchi riscontrò inoltre lesioni sospette sia sul corpo del ragazzo che su quello della ragazza, in particolare una ferita lacero contusa alla testa di Marirosa e un'altra sul pene di Luca.

In più, la perizia non escluse la morte per annegamento della coppia, evidenziando la presenza del "fungo schiumoso", che, insieme ai vestiti del ragazzo riconsegnati bagnati al padre, rafforzava questa ipotesi. Un "annegamento, eventualmente preceduto da un'aggressione con mezzi contusivi anche naturali come pugni e schiaffi", scrissero i periti.

Inoltre, se i due ragazzi fossero morti per folgorazione, elettrocuzione e per intossicazione da monossido di carbonio, sui loro corpi sarebbero dovuti comparire segni evidenti e circostanziati che, tuttavia, nessuno fu in grado di riscontrare.

Le conclusioni della relazione di Bruno

Come già anticipato, anche nella relazione criminologica del professor Bruno viene sostenuta l'ipotesi del duplice omicidio.

"I ragazzi sarebbero morti entrambi per annegamento nel bagno di casa Andreotta. – si legge – Una tale morte non può essere causata che da terze persone, in quanto, un evento suicidario con tale modalità lesiva non sarebbe possibile, dato l'istinto superiore di autoconservazione che impedirebbe a una persona di sommergere il capo in acqua fino a morirne".

E aggiunge: "La morte dei due giovani, quindi, deve necessariamente attribuirsi a causa delittuosa, non essendo possibili altre cause".

I corpi dei due ragazzi presentavano lesioni importanti, interpretabili come segni di violenza dovuti a pressione, afferramento, trascinamento. Bruno sottolinea ancora il "fungo schiumoso" che per il suo colore biancastro confermerebbe la morte per annegamento.

Come rilevato anche in perizie precedenti, non ci sarebbero stati sui corpi segni compatibili con la morte elettrica o per avvelenamento da monossido, così come nel bagno non sarebbero stati presenti fonti di energia elettrica capaci di produrre la morte per elettrocuzione.

Nel documento verrebbero inoltre sottolineate con forza la "superficialità e la scorrettezza d'interventi", ma anche "specifiche attività manipolatorie e di depistaggio" che avrebbero negli anni causato equivoci che non avrebbero permesso fino in fondo l'accertamento della piena verità giudiziaria sul caso della morte dei due ragazzi.

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