Lorenzo, l’italiano che percorrerà in bici, a piedi e a remi il “viaggio della sabbia” dal Sahara all’Amazzonia

Walter Bonatti, uno dei più grandi alpinisti e avventurieri del XX secolo, amava dire che "la realtà è il cinque per cento della vita. L’uomo deve sognare per salvarsi". C’è chi i sogni li tiene nel cassetto, e chi li mette in sella, sui remi di una barca o sulle suole delle scarpe. Lorenzo Barone, 28enne umbro, appartiene a quest'ultima categoria: quella di chi, facendo affidamento solo sulla forza delle sue gambe (e braccia), cerca nel viaggio non una fuga, ma un modo per conoscersi.
Lorenzo aveva solo 18 anni quando è partito in bicicletta per la prima volta e da allora non si è più fermato. Pur giovanissimo, ha viaggiato in autonomia tra gelo e sabbia, vento e silenzi, mettendosi alla prova di volta in volta in condizioni sempre più complesse. Ha condotto una traversata in bici della Jacuzia in inverno e quella del deserto del Sahara in estate, si è spinto sui passi himalayani, poi è sceso di quota e nel 2024 ha percorso 1.674 chilometri sui pedali, 627 con gli sci e 500 sul kayak per raggiungere Capo Nord.
"Non parto per rischiare, ma per capire. La curiosità è la mia spinta", racconta a Fanpage.it. "Certo, dopo dieci anni di viaggi l’estremo è diventato la mia normalità, ma cerco sempre un equilibrio: una tenda che resista al vento, una zattera di salvataggio, un piano B. L’avventura è anche preparazione, rispetto, ascolto". Nei racconti di Lorenzo affiora spesso l’eco dei grandi esploratori. Bonatti, certo, ma ammette: "Quello che mi ha ispirato di più è Mike Horn. Mi ha insegnato che si può vivere tutto, esplorare ogni cosa, restando umili".
Ebbene, Lorenzo tra pochi giorni partirà per una nuova straordinaria avventura chiamata "Progetto Dust", una spedizione che lo porterà ad attraversare deserti, oceano Atlantico, montagne e giungle, seguendo quella che lui stesso chiama "la via della sabbia" – o meglio "della polvere". Ce la siamo fatta raccontare, mentre fervono gli ultimi preparativi prima della partenza.

Lorenzo, cos’è "Project Dust"?
Project Dust è il mio prossimo progetto in partenza a fine ottobre. L'obiettivo è quello di ripercorrere il viaggio che milioni di tonnellate di polvere Sahariana affrontano ogni anno fertilizzando il bacino dell'Amazzonia. Con questo progetto voglio mostrare quanto il mondo sia piccolo, fragile e interconnesso. Uno degli obiettivi infatti è quello di confrontare dei campioni di polvere raccolti personalmente nella depressione di Bodelè, in Ciad, con altri che raccoglierò in Sud America, così da farli poi studiare in laboratorio al mio ritorno.
Da dove è nata l’idea di seguire il viaggio della polvere del Sahara fino all’Amazzonia?
Conoscevo questo fenomeno naturale e mi ha sempre affascinato. Trasformarlo in un'avventura è solo il mio modo di esprimerlo e di raccontarlo. In aggiunta questa volta c'è però appunto anche un lato scientifico.
Ci spieghi come affronterai questo viaggio, nel dettaglio?
Ho deciso di attraversare questi quattro ecosistemi (Sahara, Oceano Atlantico, Amazzonia e Ande) solo con mezzi a propulsione umana: quindi il Sahara in bicicletta, l'oceano Atlantico in barca a remi, senza vela e senza ovviamente un motore, l'Amazzonia a piedi, in bici e con canoe tradizionali locali e infine le Ande in bici tentando però di scalare e raggiungere la seconda vetta più alta delle Americhe in inverno, situata a 6.893 metri, l'Ojos del Salado.
Oltre a ispirarmi al "viaggio della polvere", il messaggio che mi piacerebbe trasmettere è quello di essere più uniti, soprattutto in un periodo buio come questo, pieno di conflitti. Viviamo in un mondo che è molto più piccolo di quanto crediamo, dopotutto si può percorrere tutto da un lato all'altro anche con una semplice bicicletta in poche settimane o mesi.

Una spedizione così lunga e complessa richiede mesi di preparazione. Da dove hai iniziato?
Ho iniziato a lavorare a tempo pieno a questo progetto un anno e mezzo fa. L'incognita più grande per quanto riguardava l'equipaggiamento era l'imbarcazione a remi perché per me sarà la prima esperienza oceanica, soprattutto con un mezzo del genere. La cosa che ha richiesto più tempo ed energie è stata però la ricerca di fondi economici, successivamente la burocrazia. Per coprire una buona parte dei costi sono riuscito ad avviare delle collaborazioni, mentre per il resto delle spese ho investito gran parte dei miei risparmi. In fondo però la vita è solo una e bisogna viverla a pieno.
Come ti alleni fisicamente per affrontare condizioni così diverse, dal deserto alle foreste tropicali?
In passato ho vissuto già esperienze nei deserti e nella giungla, quindi mi affido a ciò che ho già appreso durante quelle avventure. Le situazioni per me totalmente nuove saranno l'Oceano Atlantico in solitaria e le Ande. La tratta nel deserto sarà comunque nuova per me, ed è unica nel suo genere perché non risultano altre traversate effettuate in quelle aree remote, soprattutto per quanto riguarda il Nord della Mauritania tra il Mali e il Western Sahara. Per quanto riguarda l'Amazzonia invece sarà un'esperienza particolare, soprattutto la tratta in canoa lungo dei fiumi che percorrerò per circa 800 chilometri nel nord del Brasile.
Quali sono le principali difficoltà logistiche che hai dovuto risolvere prima della partenza?
Le difficoltà logistiche e più importanti sono state l'immatricolazione del carrello francese su cui si trovava la barca, ma anche i permessi per andare in Ciad a effettuare la traversata di Bodelè. È stata complessa anche l'installazione dell'impianto elettrico della barca, per la quale poi per fortuna mi ha aiutato un ragazzo che fa l'elettricista. È stato difficile lo studio dei percorsi in zone nelle quali non si trovano informazioni, controllando le immagini satellitari e tracciando alcune rotte manualmente per giorni. Inoltre per risparmiare un po' di soldi, ho passato settimane a cercare sconti o prodotti usati. Per quanto riguarda la barca servivano anche dei codici per l'utilizzo della radio VHF. Per il trasporto della barca dal giardino di casa al Sahara sono riuscito a convincere mio padre che la trainerà con la sua auto fino a Dakhla. Per rispedirla indietro dal sud America invece sono riuscito ad entrare in contatto con una compagnia di navi cargo in Guyana. Diciamo che per un progetto come questo la logistica è davvero complessa.
Che tipo di attrezzatura utilizzi per essere autosufficiente in territori remoti?
Devo provvedere a esigenze basilari come dormire, mangiare e bere; nel deserto porto potabilizzatore, tenda e scorte di cibo. Nell'oceano avrò il dissalatore collegato all'impianto elettrico, una piccola cabina dove dormire e circa mezzo milione di calorie tra muesli acquistato in vari supermercati e cous cous con salse e barattoli di sugo. In Amazzonia, disporrò di una tenda che può fungere anche da amaca, infine sulle Ande avrò un fornello a benzina che funziona a basse temperature, una tenda da spedizioni polari, più attrezzatura invernale d'alta quota per le basse temperature.
Quanto conta la preparazione mentale e come ti alleni ad affrontare la solitudine e gli imprevisti?
La preparazione mentale non si può allenare a casa. L'ho allenata in passato, durante questi dieci anni di avventure.
Qual è la tua più grande paura prima di una spedizione come questa?
Quando ho ideato questo progetto, avevo molte paure e incognite; ora dopo un anno e mezzo di preparazione credo di aver superato alcune di queste insicurezze con la conoscenza, lo studio delle attrezzature e delle tecniche di sopravvivenza. Ciò che però sarà emotivamente difficile da superare sarà lasciare tutti gli affetti per lanciarmi nell'ignoto. Durante questa avventura so già che proverò una quantità indefinita di emozioni e sensazioni. Ciò che però voglio portare a casa è la soddisfazione di riuscire a realizzare un progetto estremo e, se non dovessi concluderlo, anche solo di averci provato credendoci fino in fondo.
Dopo "Project Dust", hai già in mente una prossima avventura?
Dopo questo viaggio la mia idea è quella di isolarmi in una piccola casa in montagna con mia moglie, un piccolo orto, le galline e una vita semplice. Credo questa sia l'ultimo progetto di questa entità, poi sicuramente farò altre avventure, ma magari più brevi, sempre alla ricerca di emozioni che non posso sperimentare in altri modi. Entrare in contatto con popolazioni remote, vedere il mondo con i miei occhi e raggiungere degli obiettivi con le mie forze entrando in profonda sintonia con me stesso è qualcosa che mi arricchisce come persona e che cerco di condividere con chi mi segue. Finché troverò un senso e un valore continuerò.