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“Liliana non si è suicidata”: cosa dicono gli atti presentati dai parenti contro l’archiviazione

Liliana Resinovich si è suicidata? Il marito, il fratello e la nipote hanno presentato atti di opposizione alla richiesta di archiviazione della Procura. Fissata l’udienza per decidere se andranno avanti le indagini per la morte della donna di Trieste.
A cura di Olga Mascolo
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Liliana Resinovich
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L'Italia si divide in due categorie: c'è chi pensa che Liliana Resinovich si sia suicidata, e chi invece pensa che sia stata uccisa. Queste vere e proprie scuole di pensiero impazzano in internet, affollano i salotti tv, riempiono le pagine web di articoli, i gruppi social su crimini e criminologia, diventano chiacchiere da bar da nord a sud.

Sono diventate la fortuna economica di alcune pagine Youtube, che sono ormai un archivio degli scoop televisivi. E si sono tradotte anche in una contrapposizione nel percorso giudiziario.

Ovvero la procura di Trieste ha chiesto l'archiviazione per la morte di Liliana, lo scorso 20 febbraio. Il fascicolo era aperto per sequestro di persona a capo della Procura Antonio de Nicolo e titolare dell'inchiesta Maddalena Chergia.

Le parti offese, il marito Sebastiano Visintin assistito da Paolo Bevilacqua, il fratello della donna Sergio Resinovich, rappresentato dall'Associazione Penelope e la nipote Veronica con l'avvocato Federica Obizzi, si sono opposte all'archiviazione dopo un anno e passa di indagini ed esami, l'autopsia, il telefono di Lilli, i passi fatti da Lilli quella mattina, le ricerche di Google, il tossicologico, il dna, il dna sul cordino, sul sacchetto, le impronte, il botanico sotto le scarpe, le telecamere, varie persone sentite. L'udienza per decidere se andranno avanti le indagini è prevista il prossimo 5 giugno.

Ricordiamo sinteticamente i vari passaggi. Per l'autopsia del medico legale Fulvio Costantinides e del radiologo Fabio Cavalli, Liliana si è suicidata, ed è morta a causa del soffocamento lento da sacchetto, il cordino che serviva per sigillare il sacchetto attorno alla testa non era legato stretto.

La morte di Lilli viene datata a massimo 48/72 ore prima del ritrovamento, per ragioni scientifiche e inoppugnabili: non ci sono gas putrefattivi nel corpo e c'è ancora il rigor mortis. L'esame tossicologico ricerca sedativi o alcol, ma non trova nulla. Questo perché di solito chi si suicida col sacchetto prende sostanze per perdere conoscenza, affinché l'operazione vada a buon fine.

Dall’esame tossicologico emerge solo la colazione, il tè, la vitamina C, l'uvetta del panettone (gli amici da cui è andata a cena la sera prima dicono che non c'era il panettone come dolce). Nelle ricerche Google di Lilli non compare mai la parola “suicidio”, ma piuttosto “come divorziare senza avvocato”, e la ricerca di una nuova casa.

Il marito e le amiche dicono che Lilli voleva trasferirsi da qualche altra parte con Sebastiano. Claudio, amico intimo di Lilli, probabilmente amante, sicuramente l'amore dei tempi andati, dice che Liliana cercava una piccola casa dove sistemare il marito per non lasciarlo “in braghe di tela”, una volta divorziato da lui. L'amica Adriana ha riferito in una intervista a Mattino 5: “Dall'inizio ho sempre pensato a un suicidio. Liliana era così metodica e determinata che si sarebbe suicidata anche così”.

Lilli la mattina del 14 esce di casa senza cellulari, i passi sul telefonino sono poco più di una decina, indice che il telefono è sempre stato a casa. Il terriccio sotto la suola della scarpa “a carrarmato” di Liliana è compatibile con quello del boschetto e altri di Trieste. Ma ci sono elementi specifici del lastricato pedonale che costeggia l'ultima parte di via Weiss da cui si accede al luogo del ritrovamento del corpo, nel boschetto di San Giovanni.

Liliana il 14 viene inquadrata dalle telecamere della scuola di polizia che butta la spazzatura, poi passa di fronte alla fruttivendola con “lo sguardo rivolto a terra, come di una persona triste, pensierosa”. Cupa era anche per gli amici che hanno cenato con lei la sera prima. Viene “vista” da un occhio elettronico di un bus per l'ultima volta in piazzale Gioberti. Viene ritrovata nascosta tra i rovi il 5 gennaio 2022.

E che cosa pensano le parti offese? Nonostante Sebastiano Visintin non sia stato mai indagato per la morte di Liliana, l'opinione pubblica si è stupita che si sia opposto all'archiviazione dell'indagine per suicidio. Questo perché chi pensa che Liliana sia stata uccisa, pensa che in qualche modo il marito c'entri.

Questo si legge anche tra le righe della richiesta di opposizione del fratello Sergio, perché vengono evidenziate le contraddizioni del marito nelle varie trasmissioni tv, e il rapporto nella coppia, e Sebastiano viene descritto come “autoritario” da molti degli amici. Ma gli spostamenti di Sebastiano la mattina della sua scomparsa sono verificati. Il punto però è un altro: Liliana muore quando scompare? E come si spiega che l'autopsia dati indissolubilmente la morte di Lilli al massimo 2-3 giorni prima del ritrovamento il 5 gennaio? Che cosa ha fatto Lilli dal 14 dicembre al 2-3 gennaio?

Sulla data della morte di Lilli tanto si è detto. Ed è un punto da chiarire per tutte le parti offese. Ma partiamo da una differenza: 8 pagine è l'atto depositato da parte di Sebastiano Visintin, 29 pagine sono quelle di Veronica Resinovich, 137 pagine invece l'opposizione del fratello Sergio Resinovich.

Nella richiesta di opposizione del marito si traducono le osservazioni del medico consulente Raffaele Barisani, il quale sostiene che la data della morte probabile è quella della scomparsa: “Stabilire un decesso a 2-3 giorni dal ritrovamento è cosa che stride con i dati circostanziali”.

Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visintin
Liliana Resinovich e il marito Sebastiano Visintin

Le circostanze sono che Liliana aveva le ascelle depilate, indossava gli abiti della scomparsa, e aveva la colazione di quella mattina nello stomaco, nel sangue sostanze che provengono dai detersivi usati per fare la lavatrice quella mattina. E anche se le condizioni non sono quelle di un corpo che è stato tre settimane all'aperto con una media stagionale di 8-11 gradi, può darsi che in quella zona specifica facesse più freddo, che di notte si raggiungessero temperature vicine agli 0 gradi e quindi che “i fenomeni biologici non sono subito comprensibili”.

Lo stesso vale anche per l'opposizione di Sergio Resinovich, per il consulente Vittorio Fineschi non ci sono elementi oggettivi per datare la morte a 48/72 ore prima del ritrovamento. Per lui resta uno dei temi più controversi della vicenda. In primo luogo il consulente sottolinea come manchi il rilievo della temperatura del corpo di Lilli e dell'ambiente (che almeno avrebbe dato una indicazione non da “media stagionale” delle temperature di quei giorni).

Altrettanto importante sarebbe stato eseguire l'autopsia subito e non 5 giorni dopo il ritrovamento, il 10, conservando il corpo a 12 gradi. Troppo tardi. Molti rilievi, come le macchie che si formano nei punti in cui il cadavere è appoggiato (ipostasi), sarebbero dovuti avvenire o sul luogo del ritrovamento o immediatamente dopo.

Per quanto riguarda la rigidità cadaverica, il dottor Fineschi sostiene che doveva essere esaminata più volte, in modo da capire con che “velocità” andasse quella di Lilli. Il rigor mortis ha più fasi, la velocità delle fasi dipende da molti fattori individuali. Bisognerebbe forse trovare la variabile ambientale che ha cambiato tutto, come è stata con la vicenda del caso Belmonte, risolto dal professor Francesco Introna, ne parla proprio di recente in una intervista al Quotidiano Nazionale. In quel caso la scheletrizzazione dei corpi di madre e figlia erano avvenuti più velocemente dei tempi soliti perché corrosi dall'acqua (cui fluire era legato alla marea).

Tornando all'opposizione del marito, oltre alla data di morte, manca l'analisi degli abiti esterni usati da Liliana: la giacca a vento, la maglia Amisu, i pantaloni, calzini e scarpe. “Parimenti, difetta l'accertamento tecnico scientifico volto alla ricerca di materiale biologico sugli oggetti” ovvero la borsa, l'orologio e i sacchetti neri in cui era il corpo. Questi esami potrebbero essere importanti per capire se ci sono tracce di terze persone.

Inoltre per Sebastiano il comportamento di Lilli stride con quello del suicidio (lo stesso pensa anche Sergio Resinovich), al punto che, secondo il legale di Sebastiano, le ipotesi da considerare sono due due: o morte per malore o omicidio. “Per questo si richiedono ulteriori indagini, volte al riesame del compendio anatomopatologico e istologico”, in sostanza nuovi esami autoptici, affidati al perito della Procura.

Molto più corposa è l'opposizione di Sergio Resinovich, 137 pagine con 5 consulenze allegate: quella medico-legale di Fineschi, la relazione delle tracce genetiche di Marina Baldi, la relazione sul dna di Lilli su sacchi neri e buste Conad, e quella sulle impronte sul cordino e impronte papillari del criminalista Nicola Caprioli, gli accertamenti informatici del consulente Luca Russo, la relazione criminologica di Gabriella Marano.

Il cordino
Il cordino

L'opposizione della nipote Veronica utilizza le stesse consulenze del padre Sergio. Vengono mostrate le foto del corpo della donna nel momento del ritrovamento e viene spiegato che la borsa a tracolla non è sul lato destro, ma sul lato sinistro. “Era in una posizione che avrebbe dato fastidio per un decubito naturale”, contrariamente a quanto sostenuto dalla Procura.

L'avvocato Obizzi richiede: una consulenza entomologica; l'analisi della pelle del tallone di Liliana per capire se il colore scuro della pelle è dovuto alla perdita di inchiostro della suola della scarpa o altro; l'analisi dei muscoli per controllare se il corpo sia stato congelato; l'esame di un consulente informatico sui dispositivi tecnologici, le chat, i messaggi cancellati non esplorati. E infine vorrebbe ascoltare l'intercettazione in cui Sebastiano racconta di un aborto della moglie.

Per il team del fratello la donna fotografata dal bus di piazza Gioberti non è Lilli perché non si riconosce e perché non c'è corrispondenza con gli orari delle altre telecamere. Quella foto è importante per l'ipotesi della Procura perché lascia intuire che nessuno avrebbe prelevato Lilli in auto, ma che lei a piedi si sia diretta verso il boschetto dove è stata poi trovata cadavere.

Oltre alla data della morte, per il consulente di Sergio Resinovich, sono da chiarire anche le cause della morte. In particolare si deve capire meglio il perché di alcuni lividi. La cattiva conservazione del corpo a 12 gradi non ha permesso di analizzare meglio le lesioni che sono sulla palpebra sinistra, sul naso, sulla parte destra del labbro inferiore, alla mandibola e mento destro, all'orecchio destro, sulla mano destra, sulla testa a sinistra.

Secondo l’ipotesi del dottor Fineschi l'ematoma alla testa è dovuto a un oggetto contundente e non ai sacchetti, i segni sulle mani sono dovute a un “afferramento” o costrizione. E quindi non si può escludere l'intervento di terzi.

Una possibile ricostruzione è che Lilli abbia perso conoscenza dopo essere stata colpita, e che qualcuno le abbia infilato i sacchetti in testa. E quindi anche se è possibile che Lilli sia morta per asfissia da sacchetto, non è detto che si tratti di suicidio. Strano risulta anche non ci siano impronte papillari di Lilli sui sacchi neri e sui sacchetti e sul cordino, ipotesi che non fa pensare al suicidio, ma piuttosto allo “staging”, ovvero alla messinscena del suicidio.

L'opposizione del fratello Sergio si dilunga anche sul ritrovamento di uno spago compatibile con quello che chiudeva i sacchetti in cui era avvolta la testa di Lilli a casa di Sebastiano. L'uomo in quel momento si trova con la giornalista Chiara Ingrosso e i due raccontano due differenti storie. Risulta strano, e questo risultò strano anche alla polizia, che quello spago non venne trovato durante i sopralluoghi della squadra mobile, diretta da Alessandro Albini.

La verità può venire fuori dai telefonini? Secondo l'opposizione di Sergio Resinovich, nuovi interessanti elementi potrebbero emergere dai telefonini di Lilli. I telefonini sono stati sequestrati solo una settimana dopo la scomparsa della donna, dopo la puntata di Chi l'ha visto (l'Ipad della donna qualche mese dopo).

Due sono le utenze, una è esclusivamente dedicata a Claudio. Dunque è molto probabile che Claudio fosse davvero il suo amante. I due, secondo quanto racconta l'uomo, avevano previsto di partire per Umago proprio il 16 dicembre. Ma non ci andranno mai, Lilli scompare il 14.

Il consulente Luca Russo fa presente che dalla perizia della Procura è stato analizzato solo un account, ma ce ne sarebbero altri quattro: potrebbero esserci email, e contenuti importanti non ancora considerati. Messaggi interessanti potrebbero emergere anche dall'analisi dei social e dalle varie email.

Il giallo continua. Già 3000 pagine sono gli atti di indagine, ma rischiano di aumentare di molto.

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