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Licenziata durante la malattia, lo sfogo di Monica: “Scusatemi se mi è venuto il cancro”

Più di 14mila condivisioni per il grido di Monica Manna, che scrive una lettera al suo capo: “Hai avuto il coraggio di dirmi che la malattia mi ha resa cattiva. Io ti garantisco che non sono diventata cattiva, ma mi hanno insegnato che a combattere per le cose giuste non si è mai dalla parte sbagliata”.
A cura di Enrico Galletti
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Si chiama Monica, è di Torino. Qualche mese fa si è ammalata di tumore, e si è vista costretta ad abbandonare temporaneamente il lavoro, per trasferirsi in una camera di ospedale e affrontare la sua lunga battaglia contro il cancro. Ma qualcosa, durante la sua assenza dal luogo in cui lavorava, è cambiato. E a spiegarlo è lei, Monica Manna, che ha scelto di affidare a un post su Facebook il suo sfogo, perché raggiunga quante più persone possibile. Una lettera al proprio datore di lavoro, quanto basta a diventare virale e a raggiungere, nel giro di pochi giorni, quasi quindici mila condivisioni e migliaia di likes.

"Caro ex datore di lavoro, i miei 181 giorni di malattia li ho fatti presso il reparto oncologia dell'ospedale. Mi scuso, se mi sono ammalata di cancro alla mammella e ho dovuto combattere gli effetti della terapia. Ho sgarrato di un giorno nel periodo di comporto, e vi ringrazio per avermi fatto la grazia per questo. Mi scuso ancora, se rientrando a settembre ho chiesto di essere tutelata visto che avevo appena finito la chemioterapia e la radioterapia da tre mesi, ma ahimè in tre mesi il miracolo di tornare come ero prima non c'è stato. Mi sono così presa un'infezione alle vie respiratorie e sono rimasta a casa per una settimana con antibiotico e cortisone. Scusate se in quel momento mi è passato di mente che con quei 5 giorni di malattia avrei superato il periodo di comporto. Tu, coordinatrice, hai deciso che al mio rientro mi sarei dovuta recare altrove perché è stato necessario risparmiare 0,50 minuti".

È l'incipit della lettera di Monica, che secondo quanto racconta, si è vista costretta ad accettare un trasferimento. "Dopo aver chiesto di rimanere dov'ero – continua la lettera -, a due minuti da casa, non hai voluto sentire ragioni. Mi sono così dovuta tutelare e mi hanno detto: ‘Tu sei malata oncologica e hai tutto il diritto di rimanere vicino casa'. Ma a te non è andato giù il mio grido di aiuto e, anzi, mi hai fatto andare a lavorare a 2 chilometri di distanza". Un grido di disperazione che, stando alle parole della donna, raggiunge il culmine con la notizia del licenziamento. "Dopo tre giorni ho ricevuto la lettera di licenziamento per aver superato il periodo di comporto. Hai avuto anche il coraggio di dirmi che la malattia mi ha resa cattiva. Io ti garantisco che non sono diventata cattiva, mi hanno insegnato che a combattere per le cose giuste non si è mai dalla parte sbagliata".

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