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L’epidemiologo Giovanni Rezza: “Siamo ancora in emergenza. Riapertura sia parziale e graduale”

Rezza: “Direi che dovrebbe essere parziale e graduale e tenere conto delle misure di distanziamento sociale oltre che della preparazione delle singole aree del Paese – continua l’epidemiologo -. Dobbiamo essere preparati a individuare e a contenere eventuali focolai”.
A cura di Davide Falcioni
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Giovanni Rezza
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È un invito alla prudenza quello che Giovanni Rezza, epidemiologo dell'Istituto Superiore della Sanità, ha rivolto questa mattina durante un'intervista rilasciata alla trasmissione Agorà di Rai 3. In particolare secondo l'esperto di malattie infettive "questo parlare di Fase 2 deve tenere conto del fatto che attualmente siamo ancora in fase 1 quindi qualsiasi attività riprenda deve essere fatta nel massimo della sicurezza. La politica deve decidere qual è il rischio accettabile". Rezza ha quindi ribadito il concetto: "Sembra che tutti facciano a gara per dire che le cose vanno meglio quindi bisogna passare alla fase 2. Certamente ci rendiamo conto, anche io che sono epidemiologo e in teoria sono la persona più cauta del mondo, mi rendo conto che un Paese non può reggere un lockdown completo per oltre 2-3 mesi. Chiaro che si parli di riapertura delle attività produttive".

Ma come sarà l'agognata "fase 2"? "Direi che dovrebbe essere parziale e graduale e tenere conto delle misure di distanziamento sociale oltre che della preparazione delle singole aree del Paese – continua l'epidemiologo -. Dobbiamo essere preparati a individuare e a contenere eventuali focolai. Sta alla politica decidere. Mi sembra che ci sia una pressione talmente forte che sembra quasi che siamo in fase 2 già ora, non si parla di altro". Rezza ricorda come ogni giorno ci siano ancora oltre 500 morti e moltissimi contagi e come anche il test sierologico  "non dà un patentino di immunità. Dobbiamo fare uno studio di prevalenza per vedere qual è la diffusione dell'infezione nelle varie aree italiane. Noi stimiamo che i casi che vengono segnalati siano da un quinto a un decimo di tutte le infezioni che si sono verificate in Italia", spiega Rezza, ricordando anche che comunque la "curva epidemica è in diminuzione".

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