Lecce, il bullo chiede di non parlarne più. Il preside: “È fragile anche lui”

Ha chiesto scusa a tutti in classe e in particolare al compagno di scuola vittima dei suoi atteggiamenti violenti ma soprattutto ha chiesto a tutti che non se ne parlasse più dopo che il suo caso è rimbalzato su tutti i giornali nazionali attirando purtroppo anche insulti e minacce sui social. Stiamo parlando del 17enne salentino ripreso in un video mentre in classe metteva al muro un suo compagno, colpendolo a calci e minacciandolo con una sedia. A raccontare l'accaduto è stato il preside dell'istituto tecnico Fermi di Lecce dove sono avvenuti i fatti, Giuseppe Russo. "Il ragazzo, presa coscienza del terremoto mediatico che lo ha travolto, ha chiesto in classe che non se ne parlasse più scusandosi davanti ai compagni e alla stessa vittima per il suo comportamento" ha rivelato il dirigente scolastico, ricordando che "è un ragazzo fragile anche lui".
"La scuola non nasconderà la testa sotto la sabbia ma farà tutti i passi necessari per accertare i fatti e i responsabili" ha assicurato però il preside che ha già avviato gli accertamenti interni per prendere provvedimenti di sua competenza. Intanto però il legale del 17enne preso di mira fa sapere che l'adolescente ha raccontato ai genitori che non si trattava di un episodio isolato di atti continuati nel tempo. Il ragazzino in particolare avrebbe raccontato alla madre "di episodi di bullismo continuo, a volte segnati anche da lividi, soprusi spesso durati per l'intera mattinata scolastica" e soprattutto "in un caso avvenuti anche alla presenza di un docente in classe".
Come ricostruito dal legale, infatti, pare che gli episodi di bullismo siano andati avanti per almeno un anno anche se la vittima non ne aveva mai riferito alla madre. La donna aveva anche notato segni sul suo corpo ma lui aveva spiegato di essersi fatto male durante l'ora di educazione fisica. La svolta solo quando qualcun ha fatto recapitare ala signore il video delle violenze girato in classe. A questo punto la donna ha chiesto spiegazioni al figlio che infine ha iniziato ad ammettere le violenze di cui era stato vittima raccontando anche di minacce di ritorsione, qualora avesse riferito quanto avveniva in aula.