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La storia di Emanuele Campostrini: “Mio figlio come Charlie Gard ma vive ed è felice”

Emanuele Campostrini ha 9 anni, vive in provincia di Lucca ed è affetto dalla stessa malattia di Charlie Gard, il piccolo inglese di cui tanto discute l’opinione pubblica negli ultimi giorni. La madre: “Ha una vita normale, è un bimbo felice, amato e pieno di speranza. Uccidere qualcuno non è mai un atto di compassione”.
A cura di Ida Artiaco
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Emanuele Campostrini con la mamma (Facebook).
Emanuele Campostrini con la mamma (Facebook).

Emanuele Campostrini ha nove anni e vive con la sua famiglia a Massarosa, in provincia di Lucca. È affetto da deplezione del dna mitocondriale, la stessa rara patologia di Charlie Gard, il bimbo inglese a cui i medici hanno deciso di staccare la spina che lo teneva in vita a soli 10 mesi dalla sua nascita. Proprio come Charlie, Emanuele, detto "Mele", è sordo, non parla, ma respira da solo, va a scuola, gioca a scacchi e comunica attraverso un puntatore ottico. Anche se è costretto su una sedia a rotelle, a differenza del piccolo britannico che ha tenuto col fiato sospeso l'opinione pubblica di tutto il Vecchio Continente, lui continua a vivere.

La sua storia, raccontata dal quotidiano La Nazione, sta commuovendo tutta l'Italia, anche e soprattutto alla luce di quanto sta avvenendo oltremanica. La madre di Emanuele, infatti, Chiara Paolini, che di professione fa la maestra nel piccolo centro toscano, parlando alla stampa, non ha potuto non avere un pensiero per il papà e la mamma del piccolo Charlie, che si sono visti strappare il loro bambino da un giorno all'altro, dopo aver perso una battaglia legale arrivata fino alla Corte europea dei diritti umani, che ha dato ragione ai medici, decisi a staccare la spina che lo teneva in vita. I Gard l'hanno anche contattata per ringraziarla del suo sopporto. "Spesso parlo con la zia di Charlie, la sorella del papà – ha raccontato la signora Campostrini -. Mi dice che i suoi genitori sono sempre con il bimbo, possono stare nello stesso letto, coccolarlo, gli stanno accanto, è molto bello e molto brutto assieme, perché sanno che è stata decretata la sua morte".

La differenza tra Mele e Charlie, come continua a spiegare la donna, "è solo nel tipo di gene malato, che causa però la stessa malattia, e nelle leggi dello Stato in cui vivono. La legge sul fine vita che vige in Inghilterra è stata riconosciuta suprema, dai giudici europei, rispetto al diritto alla vita di Charlie. In Italia, invece, la legge vieta l'interruzione delle cure nei bambini senza il permesso dei genitori. Questo diritto diventerebbe, anche da noi, molto più incerto se passasse la legge sulle DAT in discussione al Senato. Penso che dobbiamo combattere perché quella legge non passi, per non metterci tutti nei guai. Uccidere qualcuno non è mai un atto di compassione. Lo Stato deve tutelare i diritti dei disabili. La storia di Charlie, per alcuni versi, ricorda tanto le esecuzioni compassionevoli naziste".

Mele è il terzo figlio di Chiara e suo marito Massimo. Nato nel 2008, poco dopo cominciarono le primi crisi epilettiche che portarono alla diagnosi della malattia rara. I medici dissero loro che il piccolo sarebbe vissuto un anno al massimo, secondo le migliori previsioni. Eppure, di anni ne sono passati nove ed Emanuele non solo è ancora vivo ma è anche un bambino felice, va a scuola ed è un lupetto dei boy scout, anche se è costretto sulla sedia a rotelle ed è sordo. "Ha una vita normale – ha concluso la mamma -, ha un grande talento per la pittura. Della sua malattia ci ricordiamo soltanto quando c’è da fare i conti con la burocrazia. Fa le stesse cose degli altri, ma in un modo diverso, se deve mangiare ad esempio lo fa con un sondino, per andare a scuola, deve usare un’ambulanza e con lui c’è un’infermiera. Per il resto, è un bimbo felice, amato e pieno di speranza".

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