La storia di Elia Del Grande, il killer della ‘strage dei fornai’: dal massacro della famiglia all’evasione

Il 7 gennaio 1998, quando aveva solo 22 anni, Elia Del Grande uccise padre, madre e fratello nella loro casa di Cadrezzate, in provincia di Varese. La storia passò alle cronache come la "strage dei fornai" perché insieme gestivano una panetteria di famiglia.
Subito dopo il triplice omicidio tentò la fuga in Svizzera, ma venne presto fermato e confessò. Condannato all'ergastolo in primo grado e a 30 anni in appello (con il riconoscimento della semi-infermità mentale), ha scontato in carcere 25 anni e pagato il suo debito con la giustizia.
Giovedì 30 ottobre l'uomo è evaso da una casa-lavoro a Castelfranco Emilia (Modena), struttura dove si trovava da qualche mese perché ritenuto ancora socialmente pericoloso.
In libertà vigilata era stato accusato di furti e molestie nei confronti del vicinato a Olbia, dove si era stabilito una volta uscito dal carcere, che avevano convinto il tribunale di Sorveglianza alla misura cautelare del collocamento nella casa-lavoro. L'oggi 49enne è attualmente ricercato.
L'aggressione al tassista e l'abuso di stupefacenti
Da ragazzo Del Grande era conosciuto nel paese per l’abuso di sostanze stupefacenti e anche per aver consumato, appena maggiorenne, diversi reati, fra cui l’aggressione ad un tassista che venne raggiunto da numerose coltellate e perse un occhio.
Per allontanare il ragazzo dai guai i familiari lo mandarono a Santo Domingo, dove la famiglia aveva diverse proprietà immobiliari, ricordano i quotidiani locali. Qui Elia conobbe una ragazza alla quale si legò sentimentalmente e che avrebbe voluto sposare. Ma al ritorno in Italia i genitori si opposero.
La strage familiare
Il giovane quindi uccise il padre Enea, 58 anni, la madre Alida, 53, ed il fratello Enrico, 27, nella loro casa di Cadrezzate. I tre vennero raggiunti da due colpi di fucile da caccia, il ragazzo era sotto effetto di cocaina.
Gli investigatori e gli inquirenti che per primi arrivarono sulla scena del crimine parlarono di “un lago di sangue”. Del Grande fuggì subito dopo, tentando di raggiungere Lugano, ma fu fermato al confine, dove rese la prima confessione sul triplice omicidio: “Li ho uccisi io”.
La vita nella casa-lavoro dopo aver scontato la pena
Dopo la fuga il 49enne ha inviato una lettera a Varese News, nella quale ha spiegato i motivi della fuga e descritto la sua vita all'interno della casa-lavoro. "Pago lo scotto del mio nome e di quello che ho commesso, stavo ricostruendo una vita", ha scritto il 49enne.
E spiega: "Il mio gesto è dovuto alla totale inadeguatezza che ancora incredibilmente sopravvive in certi istituti, come le case lavoro, che dovrebbero tendere a ri-socializzare e reinserire con il lavoro, per l'appunto cosa che non esiste affatto".
"Le case lavoro di oggi sono in realtà come i vecchi ospedali psichiatrici giudiziari dismessi nel 2015, grazie una legge stimolata da qualcuno che ha voluto aprire gli occhi su quello scempio, cosa che non è accaduta per le case-lavoro che in realtà sono recipiente di coloro che hanno problemi psichiatrici e che non hanno posto nelle Rems".
La fuga di Elia Del Grande
Nella casa-lavoro il 49enne si trovava da settembre, qui avrebbe dovuto trascorrere sei mesi fino a una nuova valutazione. Secondo quanto è stato ricostruito, Del Grande ha costruito una corda con dei cavi elettrici e si è calato dal muro di cinta. La fuga sarebbe stata immortalata anche in un video.
Il 49enne non è nuovo a tentativi di fuga, infatti tentò di evadere anche dal carcere di Pavia, organizzando un trasferimento che avrebbe dovuto condurlo in Sardegna, motivo per cui una particolare attenzione nelle attuali ricerche riguarda anche l'isola.
Anche in quel caso, però, il piano sfumò e Del Grande fu condannato ad altri otto mesi di reclusione. Stavolta la fuga è avvenuta da una struttura detentiva meno rigida, dove molte delle persone che vi si trovano escono quotidianamente per andare a lavorare.