La famiglia Aldrovandi dalla Cancellieri: via i quattro agenti dalla polizia

Sono trascorsi 7 anni dalla morte di Federico Aldrovandi, il giovane di Ferrara ucciso da quattro poliziotti durante un controllo. Gli agenti coinvolti sono stati condannati in via definitiva a tre anni e sei mesi e, qualche ora prima dell’incontro tra il ministro Cancellieri e la famiglia del giovane, la Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza: i giudici hanno fatto sapere che l’azione dei quattro poliziotti di Ferrara fu “sproporzionatamente violenta e repressiva”. Uccisero a botte, calci e manganellate lo studente rifiutando persino di togliergli le manette mentre giaceva a terra già morto, come chiedeva il personale dell’ambulanza intervenuta. Un reato gravissimo che ha avuto una forte risonanza e che ha spinto la famiglia Aldrovandi a combattere in questi anni perché casi del genere non devono più accadere.
Gli agenti devono essere cacciati dalla polizia – Patrizia Moretti, dopo aver incontrato Anna Maria Cancellieri a Ferrara, ha mostrato la sua soddisfazione perché il ministro ha ribadito la sua vicinanza alla famiglia affermando quanto sia stato ancor più grave questo delitto perché commesso da uomini delle forze dell’ordine. Da sempre i genitori di Federico si battono affinché quegli agenti possano essere cacciati dalla polizia. Lino Aldrovandi, suo padre, secondo quanto racconta Repubblica.it, ha commentato le parole della Cancellieri riguardo le motivazione della Cassazione: motivazioni che il ministro ha giudicato molto forti e che saranno un elemento importante di valutazione nell’ambito della Commissione disciplinare che dovrà valutare i quattro poliziotti.
La necessità di introdurre il reato di tortura – I genitori di Aldrovandi sono stati anche i promotori di una raccolta firma, avviata il giorno nel quale avrebbero dovuto festeggiare il 25esimo compleanno del figlio, necessaria per chiedere che in Italia sia introdotto il reato di tortura. Patrizia Moretti l’ha chiesto al ministro Cancellieri, ha chiesto che sia questo il momento per cambiare le norme, a partire dall’introduzione del reato di tortura. Richieste fatte a un ministro che, stando al racconto degli Aldrovandi, sembrava consapevole della necessità del cambiamento, consapevole che chi si macchia di questi reati infanga tutto il corpo della polizia. A dimostrazione del fatto che la tragica storia di Federico sia diventata un vero e proprio caso, oggi, a distanza di quasi sette anni dai fatti, Ferrara ricorderà il ragazzo con un concerto.