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La battaglia di Daniela: “Mia figlia disabile sta peggiorando per l’emergenza, lo Stato ci aiuti”

La testimonianza di Daniela Rossi, mamma di Giada, una ragazza di diciassette anni con disabilità che con rabbia denuncia il fatto che, a livello scolastico e non solo, le persone più fragili sono state lasciate da sole e non sono stati previsti dei percorsi didattici appropriati. «Avrebbero dovuto chiedere a noi, quali sono le nostre difficoltà e trovare insieme una soluzione per migliorare la nostra vita e soprattutto quella dei nostri figli».
A cura di Dominella Trunfio
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«Da quando c'è il coronavirus, non c'è stata e non c'è attenzione, per bambini e ragazzi con disabilità, il governo dice solo che aumenta gli assegni, si ok i soldi servono, ma non possono bastare 200 euro in un assegno di invalidità. Bisogna trovare delle alternative soprattutto per migliorare la loro condizione e quella delle famiglie». Daniela Rossi è la mamma di Giada, una ragazza di diciassette anni con disabilità che, assieme al marito Consolato, denuncia una mancanza di attenzione da parte dello Stato, nei confronti dei soggetti più fragili. «Hanno avuto difficoltà i genitori con i ragazzi normodotati, figuriamoci noi. A livello scolastico, non sono stati previsti dei percorsi ad hoc. Mia figlia, come tutti gli altri nella sua condizione, ha difficoltà a seguire la didattica a distanza, ma non per questo deve essere lasciata indietro».

Improvvisamente con le scuole chiuse, Daniela e Consolato hanno dovuto spiegare da soli a Giada che non era più possibile vedere professori e i compagni di classe, hanno dovuto rivoluzionare una quotidianità conquistata con fatica. «Non mi spaventa il distanziamento sociale perché, di fatto, la mia famiglia forzatamente lo pratica da tanti anni. Mi spaventa invece, non riuscire a dare a mia figlia tutte le possibilità che ci sono per migliorare e trovare una sua autonomia», racconta ancora Daniela che si fa portavoce di tanti genitori.

Giada ci accoglie con affetto. «Sono emozionata per questa intervista», dice. Poi ci mostra la sua stanza, i libri, le bambole e il suo cagnolino Sogno. «Vuoi che ti canto una canzone?», aggiunge già con il microfono in mano, pronta a intonare l'Inno di Mameli. E ancora, il suo idolo Sabrina, il cuscino con la foto con i compagni di scuola e un quadro appeso alla parete che la ritrae con Caterina Balivo. «Lo sai che l'ho conosciuta? Sono andata a Milano». Per più di un'ora non si ferma mai, in cerca continua di stimoli.

«Mentre facciamo una riunione online o scriviamo un documento, cerchiamo di metterci al computer e ripetere alcune cose, di fare delle attività insieme, però siamo da soli e non basta, perché è chiaro che siamo i suoi genitori, ma questo attaccamento morboso, non le fa bene, lei ha bisogno della sua autonomia», dice ancora Daniela.  Figlia unica e molto desiderata, Giada non ha una diagnosi di autismo chiara. «Interagisce con tutti, è molto furba, ha una sua socialità». Ma come tutti i ragazzi più fragili, avrebbe avuto bisogno di un supporto extra. «La nostra rabbia è che il governo non ha delineato delle vere linee guida rispetto alla disabilità, siamo in disagio perché innanzitutto c'è un problema scolastico: Giada segue poco e all'inizio addirittura non faceva lezione. I problemi comportamentali sono aumentati, fino all'una di notte non riesce a dormire, si lamenta, vorrebbe stare con i suoi compagni, cerca disperatamente qualcuno».

Daniela e il marito Consolato hanno scritto una lettera al Presidente della Repubblica con la richiesta di sostegno scolastico per gli studenti con disabilità, perché è chiaro che la didattica a distanza strutturata così, con chi ha dei problemi di attenzione, non funziona proprio. Il ministero ha lasciato l'autonomia ai plessi scolastici, molti non si sono organizzati bene e tantissimi studenti sono rimasti indietro con i programmi, perdendo metà anno e dimenticando i progressi fatti.

«Bisognerebbe spiegare alle varie autorità che questi ragazzi speciali hanno necessità di attenzione, per cui con questa lettera ci siamo fatti portavoce di un disagio, abbiamo dato un segnale, speriamo che venga accolto», spiega Consolato, incalzato da Daniela che chiosa: «Quello che noi vogliamo è capire insieme, dovrebbero chiedere a noi, quali sono i nostri disagi e trovare una soluzione soprattutto per migliorare la loro condizione e quella delle famiglie».

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