376 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

L’operazione antimafia a Bagheria segna una svolta nella lotta a Cosa nostra

La frase intercettata dai carabinieri di Palermo dichiara finalmente guerra al “pizzo”. Estorsioni documentate hanno permesso di ricostruire gli assetti del clan di Cosa nostra, portando all’esecuzione di provvedimenti restrittivi.
A cura di Maurizio Zoppi
376 CONDIVISIONI

Immagine

Fanno le cose..! Minacciano per telefono..! Ma dignità ce n'hanno?…che buttino sangue dal fegato”. Questa è una delle frasi intercettate dai carabinieri di Palermo di uno dei 36 imprenditori locali di Bagheria che hanno trovato il coraggio, dopo decenni di silenzio, di ribellarsi al giogo del “pizzo”. Qualcuno di loro per accontentare le richieste della mafia è fallito. Nella mattinata odierna i carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a 21 provvedimenti restrittivi nei confronti di altrettanti capi e gregari del mandamento mafioso del piccolo paese vicino Palermo, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, sequestro di persona, danneggiamento a seguito di incendio.

Una ribellione che segna una svolta nella lotta a Cosa nostra. L’indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, è il seguito di un’altra operazione messa a segno contro le cosche della cittadina alle porte del capoluogo.

Per anni Bagheria è stata feudo e rifugio di boss mafiosi dal calibro di Bernardo Provenzano e Giuseppe Madonia detto “Piddu”.

Fondamentali per ricostruire gli assetti del clan, dal duemila ad oggi, le dichiarazioni del pentito Sergio Flamia. “Uomo d'onore della famiglia mafiosa di Bagheria che fino a quel momento (2013) aveva ricoperto una posizione apicale al suo interno essendo colui che materialmente aveva la gestione della cassa di tutto il mandamento mafioso all'interno della quale confluivano i proventi delle attività estorsive compiute sul territorio per conto e/o nell'interesse di Cosa Nostra”. Si legge nelle carte degli investigatori.

Una cinquantina le estorsioni documentate grazie alla dettagliata ricostruzione fornita dagli imprenditori locali che hanno deciso di denunciare le minacce e le storie di violenza. Le famiglie dei carcerati dovevano essere sostenute e così i soldi dovevano essere racimolati con i soliti sistemi. Il prezzo per “le persone rispettate” da parte di Cosa nostra era di 5mila euro. Pagabili in più trance al mese. Nel paese di Renato Guttuso (pittore) anche se con gli anni si succedevano i capi mandamenti, la storia per i commercianti era sempre la stessa. Gli imprenditori dovevano “fare un regalo agli amici” oppure “un presente per i carcerati”. Chi non pagava? Il classico metodo da sempre adottato dalla mafia. intimidazioni e danneggiamenti.

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando affida ad un tweet la soddisfazione per l'operazione che ha consentito lo smantellamento della cosca di Bagheria: “Il coraggio dei cittadini, la forza delle istituzioni: avanti tutta nella battaglia per la legalità contro le mafia”

376 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views