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“In Italia centinaia di orfani di femminicidio soffrono nell’ombra, così vogliamo aiutarli”

Dopo il femminicidio che li ha resi orfani nel 2010, Pasquale Guadagno e sua sorella Annamaria hanno deciso di fondare un’associazione per offrire tutela legale gratuita e assistenza psicologica a chi ha vissuto la stessa esperienza. “In Italia non esiste un database sugli orfani di femminicidio, in centinaia soffrono nell’ombra”
A cura di Gabriella Mazzeo
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Pasquale e Annamaria Guadagno hanno deciso di trasformare la propria storia personale in un progetto per aiutare gli altri. Si chiama "Anime Invisibili" l'associazione per gli orfani di femminicidio che proprio oggi, 25 aprile 2024, sarà ufficialmente presentata alle 18 al Villa Verde Resort di Fagagna (Udine). Con questo progetto, i due fratelli friuliani vorrebbero fornire tutela legale e psicologica gratuita a coloro che restano orfani di madre a causa della violenza maschile.

Come spiega Pasquale Guadagno, ancora oggi non esiste un database aggiornato sui numeri relativi ai bambini e ai ragazzi che ogni giorno restano orfani di un genitore in seguito alla violenza domestica. Proprio a causa della scarsa considerazione del problema, molte vittime decidono di proseguire con la propria vita restando nell'anonimato, senza mai chiedere l'aiuto delle autorità o di psicologi per la gestione del trauma.

"Dopo un lungo periodo di depressione – ha raccontato Guadagno a Fanpage.it – ho scritto un libro in cui raccontavo quello che stavo provando dopo aver cercato di ignorare per così tanto tempo la morte di mia madre che fu uccisa da mio padre nel 2010 a Udine. Quando questo libro è stato pubblicato, ho iniziato a ricevere l'amore di tante persone attorno a me e i messaggi di centinaia di persone che avevano vissuto la stessa cosa. In tantissimi mi hanno rivelato di non aver mai davvero raccontato la propria storia a qualcuno e in molti evitano di esporsi per paura delle ripercussioni".

Sono infatti centinaia gli orfani che crescendo guardano con paura al giorno in cui il padre femminicida finirà di scontare la propria pena. "Ovviamente i figli sono spaventati, non sanno cosa potrebbe accadere loro. Molti altri cercano invece di sopravvivere come ho fatto io per tanto tempo, cancellando qualsiasi traccia del proprio dolore dalla quotidianità. Questi però non sono traumi che si possono nascondere sotto il tappeto e me ne sono reso conto mentre affrontavo la terapia. Da qui è nato il desiderio di essere veramente d'aiuto con la fondazione di Anime Invisibili".

Cosa si propone di fare la vostra associazione?

Partiamo dal basso, quindi il primo step che vogliamo fare è quello di far sapere a chi ha vissuto la nostra stessa situazione che sul territorio friuliano esiste questa associazione che si propone di aiutarli ad ottenere tutela legale e supporto psicologico gratuito. Sappiamo che il lavoro da fare è tantissimo, anche perché vi sono vuoti normativi che vanno ancora affrontati, a partire dalla creazione di un database nazionale con i numeri degli orfani, una cosa che ancora non esiste e che invece sarebbe fondamentale per comprendere anche l'estensione del fenomeno della violenza di genere che tutti dicono di voler prevenire, ma contro il quale nessuno si arma davvero.

Il Comune di Udine vi aiuterà a trovare una sede fisica per Anime Invisibili?

Siamo in dirittura d'arrivo, dovremmo aver trovato un locale adatto alle nostre esigenze. Qui poi vorremmo aprire uno sportello aperto per tutta la settimana che possa fornire ascolto e competenze per mettere in contatto le vittime con avvocati, psicologi e assistenti sociali. Qualcosa di concreto per fare in modo che quelle poche leggi che esistono in materia vengano davvero applicate.

Esiste infatti una legge del 2018 che istituisce un fondo destinato ad orfani e orfane di femminicidio, ma il piano per attuare quanto previsto dalla norma è di competenza delle regioni che spesso non sono informate.

Esatto. La legge prevede l'istituzione di un fondo che prevede anche l'erogazione di borse di studio e rimborso di spese sanitarie e farmaceutiche. Nel 2019 il fondo è stato esteso anche alle famiglie affidatarie dei minori. Il decreto attuativo porta a 12 milioni l'anno le risorse disponibili e il 70% sono riservate ai minori, mentre il 30% ai maggiorenni non ancora autosufficienti.

Il problema di questa norma è che le Regioni non sono informate sulla legge, non sanno come applicarla e non hanno un piano territoriale. Abbiamo provato a contattare per esempio il Friuli chiedendo anche codici per l'erogazione delle borse di studio universitarie, ma nessuno sapeva niente su cosa la norma prevede. Questo è un vuoto legislativo che con la nostra associazione vorremmo coprire e del quale abbiamo discusso anche in Senato con la senatrice Mariolina Castellone. Abbiamo intenzione di stilare con lo Stato un regolamento per le regioni, in modo che nessuno abbia più un alibi per non applicare questa norma.

Perché avete scelto proprio il 25 aprile per il lancio di quest'iniziativa?

Per ricordare nostra madre morta nel 2010. È dalla sua storia che parte il nostro impegno: nostra madre (Carmela Cerillo n.d.r) è stata uccisa da nostro padre il 25 aprile del 2010, poi noi siamo stati affidati alla famiglia di nostro padre dopo che lui è stato arrestato.

Succede spesso?

No, in realtà gli orfani di femminicidio spesso vengono affidati alle famiglie materne ma nel nostro caso i parenti da parte di nostra mamma sono stati assenti. Loro vivevano a Napoli mentre la famiglia di nostro padre risiede a Udine, dove noi siamo nati e cresciuti, così il giudice ha disposto che restassimo con i parenti da parte di padre.

Una situazione probabilmente non facile.

Purtroppo non è stato facile, anche perché la famiglia di nostro padre continuava a giustificarlo e a denigrare la memoria di mamma. Mia sorella Annamaria era appena maggiorenne, quindi dopo un anno ha potuto lasciare quella casa. Io invece ero più piccolo e ho dovuto sopportare per diverso tempo quell'ulteriore dolore. A 17 anni sono scappato e sono andato da mia sorella che appena 21enne ha dovuto lasciare gli studi e iniziare a lavorare per mantenere anche me. Non è stato semplice.

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Tutto questo senza alcun aiuto da parte dello Stato

Esatto. Il nostro mantenimento e i miei studi sono ovviamente stati autofinanziati. Anche la mia psicoterapia arrivata dopo anni è stata finanziata da me, ho dovuto chiedere un prestito perché non rientravo nei canoni previsti per l'assistenza gratuita destinata agli orfani. Le leggi esistenti sono davvero carenti in materia, perché chi è orfano in seguito a una violenza di questo calibro lo è sempre e ha diritto all'assistenza in tutto il percorso fino alla vita adulta.

Dopo essere entrato in terapia ho capito che potevo fare qualcosa per gli altri e dopo aver metabolizzato il mio trauma riesco ad attraversarlo ogni giorno per far sì che qualcosa si muova e che altre persone nella mia situazione riescano ad uscirne chiedendo aiuto e sapendo di poterlo trovare anche nelle autorità, perché purtroppo questa consapevolezza manca troppo spesso e gli orfani sono costretti a vivere il proprio dolore da soli.

Pasquale Guadagno e la sorella Annamaria Guadagno in Senato alla presenza della senatrice Maria Domenica Castellone
Pasquale Guadagno e la sorella Annamaria Guadagno in Senato alla presenza della senatrice Maria Domenica Castellone

Qual è stato l'episodio che più degli altri vi ha fatto rendere conto del vuoto normativo che esiste in materia di femminicidio e orfani?

Purtroppo è stato quello relativo alla cremazione di nostra madre. Un anno e mezzo fa io e mia sorella abbiamo deciso di informarci per rispettare le volontà di mamma, cremare il suo corpo e portarlo a Napoli dove lei avrebbe voluto riposare. Abbiamo scoperto tramite il comune che solo mio padre poteva darci il permesso, perché per la legge era un uomo vedovo e non l'assassino. Siamo andati in carcere a chiedergli una firma che però non è mai arrivata, perché lui ha dichiarato che una volta uscito di prigione avrebbe cremato il corpo di nostra madre per portarlo via con sé.

Una vicenda agghiacciante, perché ancora una volta toccava a lui decidere per nostra madre e perfino dopo la sua morte. Questo caso ha raggiunto i media e ci ha portato all'incontro in Senato alla presenza della senatrice Mariolina Castellone che ci ha chiesto di raccontare la nostra storia e di parlare in prima persona dei vuoti normativi che abbiamo sperimentato e che per forza di cose ci hanno arrecato grande sofferenza.

La presentazione del libro "Ovunque tu sia" di Pasquale Guadagno in Senato
La presentazione del libro "Ovunque tu sia" di Pasquale Guadagno in Senato

Dal Senato che risposte avete ricevuto?

Tante scuse per il dolore che abbiamo provato e la promessa di cambiare presto le cose.

E le cose oggi sono cambiate?

Purtroppo no. Speriamo almeno di poter contribuire. La nostra sensazione è che tutti vogliano parlare di prevenzione ai femminicidi e di tutele per le vittime, ma che poi nessuno voglia davvero impegnarsi in questo senso. Come possiamo prevenire la violenza di genere se poi gli orfani non hanno diritto a un'assistenza psicologica continuativa che permetta loro di incanalare la rabbia e metabolizzare le violenze vissute senza trasformarle in ulteriori soprusi? L'educazione è fondamentale per evitare che questi numeri crescano ancora e che gli orfani si nascondano per paura.

A distanza di 6 anni dalla creazione della legge per gli orfani, le Regioni non sanno ancora applicarla. Se dobbiamo discutere ancora di regolamenti e modalità di applicazione dopo 6 anni, è evidente che qualcosa non va e che nessuno senta l'urgenza di agire davvero. Per questo motivo abbiamo deciso di contribuire in prima persona alla creazione di un regolamento per le regioni.

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Prima della fondazione di questa associazione quante storie simili alla vostra avete ricevuto?

Tantissime. In molti ci hanno confidato di non aver mai parlato di questi episodi della loro vita con qualcuno. Le vittime hanno molta paura di esporsi, principalmente perché sono tantissimi quelli che vogliono solo dimenticare. Molti altri invece temono le conseguenze, hanno paura di ritorsioni dai parenti del padre o di quelle dello stesso genitore una volta usciti dal carcere. Cercano di rendersi invisibili per paura di essere trovati e perseguitati.

Abbiamo deciso di trasformare la nostra storia in benzina per un progetto che possa aiutare chi non vuole metterci la faccia a metabolizzare questo dolore, ad attraversarlo e a ottenere subito la giustizia che merita come vittima. Molto spesso le autorità dimenticano che gli orfani non sono vittime secondarie, sono anche loro protagonisti. La loro vita viene stravolta in conseguenza di un altro reato e chi vive storie come la nostra può essere trascinato in una spirale di violenza che bisogna interrompere per evitare altro dolore, altri morti e altri orfani.

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