Il vero volto di Salvo Riina. Quando diceva: “Totuccio si fumò a tutti, li scannò”

C'è un Salvo Riina inedito negli scaffali degli archivi del Palazzo di Giustizia di Palermo: e no, non è la versione che abbiamo visto partecipare alla puntata di Porta a Porta, né quella che qualcuno leggerà nel suo libro edito da Anordest. Si tratta, molto probabilmente, del Riina più autentico, quello che parlava al telefono senza sapere di essere intercettato: "Io vengo dalla scuola di Corleone. Oh, mio padre di Corleone è, mia madre di Corleone, che scuola posso avere?. Di uomini che hanno fatto la storia della Sicilia… linea dura, ne pagano le conseguenze, però sono stati uomini, alla fin fine. E io… sulla mia pelle brucia ancora di più". Sono queste alcune delle vere parole di Giuseppe Salvatore Riina detto Salvo, il figlio del capo di Cosa nostra. Risalgono al periodo tra il 2000 e il 2002 e a rivelare questo lato del figlio di uno spietato capo mafia è Repubblica.
Riina Jr: "Ci fu un'estate che le revolverate… non si sapeva più chi le doveva ammazzare prima le persone".
Riina Junior rivendica spesso le sue origini e sembra vantarsi delle gesta del padre: "Totuccio si fumò a tutti, li scannò", dice riferendosi alla guerra di mafia del 1978: "C'era quel cornuto, Di Cristina, che era malantrinu e spiuni… era uno della Cupola, un pezzo storico alleato di quelli, i Badalamenti, minchia, Totuccio si fumò a tutti, li scannò". Così ebbe inizio la faida scatenata dai corleonesi, un'autentica carneficina. "E chi doveva vincere? – dice Salvo Riina – in Sicilia, in tutta l'Italia chi sono quelli che hanno vinto sempre? I corleonesi. E allora, chi doveva vincere?". Salvo Riina parla anche del tentativo di rivolta degli stiddari, i ribelli di Cosa Nostra, risalente al 1990: "Quando gli hanno sminchiato le corna agli stiddari che c'erano in tutta la Sicilia. Ci fu un'estate di vampe. Ferro e fuoco. Qualche sessantacinque morti ci furono qua, solo in un'estate. Che razza – dice – qua ci vuole il revolver sempre messo dietro, ma non il revolver quello normale, qua ci vuole il 357, che con ogni revolverata ci ‘a scippari u craniu". Totò Riina diede ordine di compiere una carneficina e il figlio così parlava al telefono: "Ci fu un'estate che le revolverate… non si sapeva più chi le doveva ammazzare prima le persone".
Le stragi, Riina: "La decisione fu quella: ‘Abbattiamoli'"
Il ritratto che emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni evidentemente non somiglia neppure vagamente a quello venuto fuori dall'intervista a Porta a Porta: "Se tu pensi quello che ha fatto mio padre di pizzo, oggi noialtri neanche possiamo fare l'uno per cento". E parlando dei collaboratori di giustizia. "Quando arriva un cornuto di questi e ci leva tutto il benessere, ci fa sequestrare beni immobili, materie prime e soldi". A proposito delle stragi di mafia. "Un colonnello deve sempre decidere lui e avere sempre la responsabilità lui. Deve pigliare una decisione, e la decisione fu quella: "Abbattiamoli" E sono stati abbattuti", dice riferendosi a Falcone e Borsellino.