Il Tribunale Vaticano ha dichiarato inammissibile l’appello dell’accusa nel processo Becciu

La Corte d'appello vaticana ha respinto l'impugnazione presentata dal promotore di giustizia Alessandro Diddi contro la sentenza di primo grado del caso che vede coinvolto il cardinale Angelo Becciu e altri imputati per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato e l'operazione immobiliare del Palazzo di Londra.
Il presidente della Corte, monsignor Alejandro Arellano Cedillo, ha letto l'ordinanza con cui viene dichiarata l'inammissibilità del ricorso dell'accusa. "La Corte di Appello in nome di Sua Santità Papa Leone XIV, visto l'art 134 cpp, dichiara non doversi proseguire azione penale perché ritenuta definitiva la sentenza del 16 dicembre 2023, nei confronti dei sopra indicati imputati, limitatamente ai capi di imputazione trascritti", si legge nel dispositivo.
La decisione rappresenta una svolta procedurale significativa: d'ora in avanti il processo di secondo grado si concentrerà esclusivamente sui ricorsi presentati dalle difese, mentre non verranno discusse le impugnazioni dell'accusa contro la sentenza di primo grado: non potranno quindi essere aggravate le condanne a carico degli imputati – nove su dieci richieste dall'accusa, con il cardinale Becciu condannato a cinque anni e sei mesi per peculato e truffa aggravata.
Durante l'udienza, tenutasi nella nuova Aula del Tribunale vaticano alla presenza degli imputati Vincenzo Tirabassi e del cardinale Becciu, il promotore aggiunto Roberto Zannotti aveva difeso la posizione dell'accusa. Zannotti è intervenuto al posto del procuratore generale Diddi, nei cui confronti è stata presentata un'istanza di ricusazione. "Le difese hanno sollevato l'inammissibilità della impugnazione della sentenza di primo grado: noi riteniamo che l'eccezione sia infondata per una serie di motivi sia di diritto, che nei fatti", aveva sostenuto, concludendo con un "insistiamo nel rigetto".
Le argomentazioni del promotore sono state però respinte dagli avvocati difensori. Gian Domenico Caiazza, legale di Raffaele Mincione, ha osservato: "Noi difensori ci siamo impegnati duramente a ragionare sul dispositivo, stupisce che si voglia sminuire la norma. Accusa e difesa si devono misurare con il dispositivo della sentenza". Cataldo Intrieri, difensore di Tirabassi, ha aggiunto: "Anche oggi che trattiamo l'inammissibilità dell'appello del pg chiediamo la richiesta dei principi del giusto processo che sono anche parte dell'ordinamento giuridico di questo Stato".
Unica eccezione tra le difese quella dell'avvocato Giuseppe Di Sera, legale di Cecilia Marogna, che ha dichiarato: "Noi ci rimettiamo alla Corte e confidiamo che tutto vada come dovrebbe andare nei confronti della mia assistita". Da segnalare che l'Asif, l'Authority di vigilanza e anti-riciclaggio vaticana, ha rinunciato all'appello.
Dopo quasi due ore di camera di consiglio, la Corte ha motivato la propria decisione spiegando che "i motivi di un ricorso non possono formularsi in forma generica o astratta ma devono avere una sia pur minima determinatezza che possa consentire di comprendere il rapporto critico tra le ragioni della decisione e il fondamento razionale delle correlative censure", come ha precisato il presidente Arellano.
La reazione del cardinale Becciu è stata cauta ma positiva: "È un bel segno ma c'è un cammino da fare". I suoi legali, Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, hanno commentato: "Era doveroso segnalare l'inammissibilità dell'appello del Promotore, che oggi la Corte ha condiviso accogliendo la nostra eccezione. Tuttavia, al netto di questa decisione che esclude l'impugnazione del Promotore, siamo convinti della solidità e della fondatezza delle nostre argomentazioni difensive che dimostrano la piena innocenza del card. Becciu".
Il processo riprenderà il prossimo 6 ottobre, quando la Corte esaminerà i ricorsi presentati dalle difese contro le condanne di primo grado.