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Delitto di Avetrana: l'omicidio di Sarah Scazzi

Il delitto di Avetrana: la ricostruzione dell’omicidio di Sarah Scazzi

Sarah Scazzi ha 15 anni quando il 26 agosto 2010 esce da casa sua per raggiungere quella della cugina Sabrina Misseri, con cui ha appuntamento per andare al mare. Ma non tornerà mai più a casa: la ricostruzione del delitto di Avetrana, dalle confessioni di Michele Misseri alle condanne all’ergastolo per Sabrina e Cosima Serrano.
A cura di Margherita Carlini
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Sarah Scazzi ha 15 anni quando il 26 agosto 2010 esce dalla sua casa di Avetrana, un piccolo paese della provincia di Taranto, per raggiungere quella della cugina Sabrina Misseri, con cui ha appuntamento per andare al mare. Sono più o meno le 14: Sarah deve percorrere circa 600 metri per arrivare a casa Misseri, ma quel giorno succede qualcosa di anomalo. Alle 14:42 Sabrina, raggiunta da due amiche davanti casa, dice loro che Sarah non si è mai presentata all'appuntamento, e prova a chiamarla. Ma è solo la sua versione. Dal momento in cui è uscita di casa, di Sarah Scazzi si perderà ogni traccia fino al 6 ottobre 2010, quando in fondo a un pozzo nelle campagne di Avetrana verrà ritrovato il suo cadavere.

Sarah Scazzi uccisa dalla zia e dalla cugina

Stando alla ricostruzione degli inquirenti, Sarah Scazzi fu uccisa quel 26 agosto dentro casa Misseri. Strangolata da Sabrina e dalla zia di Sarah, Cosima Serrano, con la complicità dello zio, Michele Misseri, che acconsentì a far sparire il suo corpo. Nel 2017 la Corte di Cassazione ha confermato le condanne all'ergastolo per le due donne.

Secondo la Cassazione, contro le due donne Sabrina Misseri e Cosima Serrano non ci sono gravi indizi di colpevolezza
Le due donne condannate all'ergastolo per il delitto di Avetrana

Sarah era una “bomba atomica”, così la descriveva sua madre, Concetta Serrano. Le due erano tornate in Puglia nel 2002 per stare con nonno Cosimo, mentre il padre di Sarah era rimasto per lavoro nell’hinterland milanese, poi raggiunto anche dal fratello maggiore di Sarah, Claudio. I suoi pensieri, Sarah li affidava a un diario che si rivelerà importante per fare luce sulla sua morte.

Nel 2010 Sarah era al secondo anno dell’alberghiero e nel tempo libero frequentava la comitiva di Sabrina, 22 anni, professione estetista. Malgrado la differenza di età, le due cugine passavano gran parte delle giornate insieme anche se, nell’ultimo periodo, si era insinuata nelle loro vite una terza persona: Ivano Russo, 27 anni, soprannominato “dio Ivano” da Sabrina, che – in poche parole- aveva perso la testa per lui.

Tra gennaio e agosto del 2010 – si legge nella sentenza- Sabrina e Ivano si erano scambiati circa 4500 messaggi: un interesse palese, almeno, da parte di Sabrina, dal momento che Ivano non voleva impegnarsi con lei. E Sarah? Come si legge tra le pagine del suo diario, anche lei cominciava a nutrire qualcosa per quel ragazzo, e la cotta non era passata inosservata a Sabrina, che in più di un’occasione l’aveva rimproverata per questo.

“Ti vendi per due coccole” le aveva detto la sera prima dell’omicidio in presenza di testimoni, al culmine di una lite nata perché Sarah aveva “tradito” la fiducia di sua cugina raccontando al fratello Claudio di un tentato approccio sessuale di Sabrina verso Ivano, che però lui aveva rifiutato. Quella confidenza tradita, poi diventata pettegolezzo di paese, aveva scatenato l’ira di Sabrina e contribuito a raffreddare i rapporti tra lei e Ivano. “Sabrina si era arrabbiata quella sera”, scriveva Sarah nell’ultima pagina del suo diario segreto.

La ricostruzione del delitto di Avetrana

Arriviamo quindi al 26 agosto 2010. D’ora in avanti, esporremo gli eventi di quel giorno alla luce di quanto ricostruito dagli inquirenti, e poi confermato dalla Cassazione. Sarah passa la mattinata a casa di Sabrina, che sta eseguendo un trattamento estetico a una cliente la quale testimonierà di aver notato una certa tensione tra le cugine. Sabrina, la sera prima, aveva fissato un appuntamento per andare al mare con un’amica, Mariangela Spagnoletti, la sorella minore di Mariangela, Alessandra, e la cugina Sarah. Le ragazze erano solite andare al mare tutte insieme durante l’estate.

Sarah quindi torna a casa verso le 12, comunica alla madre che andrà al mare, va a fare la spesa. Mangia velocemente, si cambia ed esce tra le 13:20 e le 13:35 per raggiungere la cugina Sabrina a casa Misseri, dove – in quel momento- ci sono sia Sabrina che Cosima, sorella della madre di Sarah.

Le indagini hanno svelato che Sarah ci è arrivata quel giorno a casa Misseri. Quindi, cos'è successo davvero in quel buco di meno di un'ora, da quando Sarah è uscita di casa alla telefonata di Sabrina?

Dopo l’arrivo di Sarah dai Misseri accade qualcosa – un altro litigio? –  che forse la spaventa e la spinge ad allontanarsi. Sarah dunque sta tornando verso casa, quando Sabrina e sua madre la raggiungono in macchina, dopodiché Cosima costringe la nipote a salire in auto e la riportano indietro a casa Misseri, e qui- in un orario compreso tra le 14:00 e le 14:20- avviene il delitto: Sarah muore per asfissia meccanica, cioè viene strangolata con un oggetto dalla forma compatibile con quella di una cintura.

Alle 14:23 Mariangela, con cui le ragazze avevano appuntamento per andare al mare, scrive a Sabrina per avvisarla che sta arrivando. In risposta, Sabrina recita la parte: “Avviso Sarah?”. La Spagnoletti dirà di essere rimasta spiazzata dalla domanda dell’amica, in quanto la presenza della cugina era data per scontata. Alle 14:25 e alle 14:28 Sabrina manda a Sarah due sms. E alle 14:28 parte uno squillo dal cellulare di Sarah a quello di Sabrina. Secondo gli inquirenti, a fare questa chiamata non è Sarah -ormai senza vita- ma Sabrina, nel tentativo di costituirsi un alibi.

Alle 14:41 le sorelle Spagnoletti arrivano a casa Misseri, trovando Sabrina ad aspettarle -non in veranda, come al solito- ma direttamente in strada. Per gli investigatori, Sabrina vuole tenere le due amiche lontano da casa sua, dove nel frattempo il corpo di Sarah viene spostato in garage da Cosima e da suo marito, lungo un percorso che collega l’interno di casa Misseri con l’ingresso posteriore della rimessa. Alle 14:42, in presenza delle amiche, Sabrina telefona a Sarah e -come sappiamo- non ottiene risposta. Due minuti dopo fa un’altra telefonata, ma stavolta il cellulare di Sarah risulta spento.

“L’hanno presa, l’hanno presa”, dice Sabrina alle ragazze, apparendo ai loro occhi fin troppo agitata per un ritardo che, in fondo, è di soli pochi minuti. Il corpo di Sarah viene affidato da Cosima a Michele Misseri con l’incarico di nasconderlo: l’uomo -stando alla ricostruzione- non è presente al momento del delitto, ma viene coinvolto solo ad assassinio già compiuto. Misseri, quindi, carica il cadavere in macchina e lo nasconde in un pozzo in disuso in una contrada dove ha vissuto da giovane. Poco distante dà fuoco agli effetti personali della nipote, sottraendo alle fiamme soltanto il suo cellulare.

Michele Misseri
Michele Misseri

Cosa ha dichiarato Michele Misseri nei giorni successivi alla scomparsa

Quali sono le prove che hanno permesso agli inquirenti di appurare la colpevolezza di Cosima, Sabrina e Michele Misseri? Prima di passare a questo, diciamo subito che cosa avvenne dopo il 26 agosto 2010. Fin dai primi giorni della scomparsa di Sarah, Cosima e Sabrina furono ospiti di diverse trasmissioni in tv. Nella sentenza si legge che Sabrina Misseri fu “un astuto e freddo motore propulsivo” e mise in atto una strategia volta a strumentalizzare i media, deviando le investigazioni verso una serie di “piste fasulle": dal rapimento a opera degli zingari, o della badante del nonno di Sarah, fino all’allontanamento volontario di Sarah per un’ipotetica “fuga d’amore”. In mezzo a questo “caos mediatico”, una sola cosa restava sicura al 100%: Sarah quel pomeriggio era uscita per andare a casa dei Misseri, e le ricerche -quindi- non potevano che iniziare da lì.

La famiglia Misseri fu ascoltata varie volte, negando qualunque tipo di coinvolgimento, fino al 29 settembre 2010 quando Michele Misseri – l’unico a mostrare segni di cedimento emotivo – finse di aver ritrovato per caso il cellulare della ragazza e lo consegnò alle autorità. Il 6 ottobre 2010 Misseri confessò l’omicidio della nipote e fece ritrovare il suo cadavere, asserendo di averla uccisa nel garage. Le sue dichiarazioni, però, apparirono da subito incerte, confuse: prima disse di essere stato colto da un raptus inspiegabile dovuto “al trattore che non funzionava”, negando qualsiasi movente sessuale.

Poi, cambiò versione dicendo che Sarah era morta in seguito a un tentativo di stupro; malgrado ciò, condotto dagli inquirenti sul luogo del delitto, si dimostrò del tutto incapace di replicare i gesti che sosteneva di aver compiuto nell’uccidere Sarah. Il 15 ottobre 2010, Misseri aggiunse al suo racconto un altro dettaglio, che segnò un punto di svolta decisivo: per la prima volta affermò che in garage quel giorno c’era anche Sabrina. Riguardo al coinvolgimento di Sabrina non fu chiaro: all’inizio disse che lei aveva condotto Sarah nella rimessa per permettere a suo padre di “darle una lezione”, affinché non raccontasse in giro di aver subito molestie dallo zio. Ma anche questa versione durò poco: in seguito Misseri disse che ad ucciderla era stata Sabrina stessa.

Un anno dopo Misseri tornò ad addossarsi tutta la colpa dell’assassinio, scagionando di fatto sua figlia Sabrina su cui però, nel frattempo, gli inquirenti avevano concentrato la loro attenzione, riuscendo a raccogliere prove e testimonianze, ritenute ben più convincenti delle dichiarazioni di Misseri; prove che, apparentemente, accertavano la colpevolezza non solo di Sabrina, ma anche di sua madre, Cosima Serrano.

Le prove della colpevolezza dei Misseri

Il primo elemento da considerare è ciò che emerse dalla relazione del medico legale: sul corpo di Sarah mancavano del tutto segni che la ragazzina avesse  provato a lottare o a liberarsi; ne conseguiva che il delitto doveva essere stato commesso almeno da due persone, con una che aveva tenuto ferma Sarah, impedendole qualunque movimento. Poi le intercettazioni telefoniche: il 4 ottobre 2010, trascorsi pochi giorni da quando Misseri consegnò alle autorità il cellulare di Sarah, Sabrina fu intercettata mentre diceva di essere preoccupata per le impronte che aveva lasciato sul telefono della cugina, avendolo toccato il giorno in cui era scomparsa.

Anche Michele Misseri e sua moglie Cosima furono intercettati mentre discutevano dell’eventualità che tracce rinvenute sulla porta dell’ingresso posteriore del garage potessero appartenere a Cosima Serrano: quella conversazione appariva quantomeno insolita, visto che dalle testimonianze e per stessa ammissione della donna, era assodato che Cosima non si recava mai nella rimessa. Un’altra intercettazione degna di nota fu quella del fratello di Michele Misseri che secondo gli investigatori aveva contribuito a nascondere il cadavere: intercettato mentre parlava tra sé e sé, si sfogava dicendo che lui “aveva fatto tutto il possibile”, e che “già soltanto averla vista così, gli aveva creato un gran turbamento”.

Parliamo poi del ritrovamento del cellulare di Sarah: questo fatto rimescolò le carte e fu fondamentale per fare luce sul mistero; infatti, tramite il tracciamento telefonico fu possibile accertare che Sarah -nel momento in cui Sabrina la chiamò in presenza delle sorelle Spagnoletti- si trovava in garage, mentre fino a quel momento il suo cellulare era sempre rimasto agganciato a un’altra cella telefonica, cioè quella che serviva casa Scazzi, casa Misseri -esclusa una parte del garage – e il tragitto di collegamento tra le due abitazioni. Curiosamente, anche l'utenza di Cosima Serrano -intorno alle 15:24- si era agganciata alla stessa cella, che copriva soltanto una porzione del garage. Il giorno dopo, invece, Sabrina e Cosima sarebbero andate proprio nella contrada dov’era nascosto il corpo di Sarah: anche questo dato fu rilevato tramite l’analisi delle celle telefoniche. Le due dissero di essersi recate in zona per controllare la vigna che si trovava in un terreno di proprietà dell’altra figlia di Cosima e Michele, Valentina Misseri, ma la loro spiegazione non convinse.

Sarah Scazzi e Sabrina Misseri
Sarah Scazzi e Sabrina Misseri

Mentre Misseri faceva ritrovare il cadavere di Sarah, Sabrina -in collegamento con la trasmissione “Chi l’ha visto?”– commentò a telecamere spente quello che stava succedendo, parlando con un’amica, Anna Pisanò: “Anche io dopo 7 ore sotto torchio avrei detto che ho ucciso Sarah e dove l'ho messa, ma non l'ho fatto!”. Le parole di Sabrina spiazzarono l’amica, tanto che quest’ultima dichiarò di averle chiesto come potesse dire qualcosa del genere non avendola fatta, e Sabrina rispose: “Ti viene di dire la verità e finirla là… però io non l'ho fatto. Papà sì, io non sono stupida”.

Le testimonianze sul rapimento di Sarah e sul delitto

La testimonianza di Anna Pisanò fu una delle poche fornite in aula, durante quello che fu rinominato dalla Procura, il “processo ai silenzi”. Dietro al silenzio, infatti, si trincerarono molti dei protagonisti e delle “comparse” di questo caso di cronaca: a partire da Sabrina e Cosima, fino ad arrivare a Ivano Russo, il ragazzo conteso tra Sarah e Sabrina che -secondo gli inquirenti- incontrò le ragazze circa 30 minuti prima dell'omicidio.

E poi ci fu il silenzio di uno dei testimoni oculari: Giovanni Buccolieri, il fioraio che prima raccontò di aver visto il sequestro di Sarah da parte di Cosima, e poi ritrattò tutto dicendo che “si era trattato solo di un sogno”. L’uomo – avvalendosi della facoltà di non rispondere – decise di non esporsi al processo; al suo posto parlò ancora Anna Pisanò, madre di Vanessa Cerra, dipendente di Buccolieri, con cui lui si era confidato raccontando i dettagli di ciò che aveva visto. Buccolieri quel giorno era uscito verso le 14 -dato confermato anche da sua moglie- per la consegna di addobbi floreali presso un ristorante. Sia l’arco temporale, sia la strada che doveva fare per raggiungere il locale, coincidevano con quelli del presunto sequestro, quindi era plausibile che avesse effettivamente visto qualcosa.

Nel racconto confidenziale fatto a Veronica Cerra, Buccolieri diceva di aver notato Cosima scendere dall'auto e afferrare Sarah per i capelli, costringendola a salire in auto. Questa tesi fu avvalorata da un altro testimone che aveva visto una macchina simile a quella di Cosima sfrecciare su quella strada a un orario compatibile con il sequestro. Inoltre, all’arrivo di Mariangela, l’auto di Cosima era parcheggiata davanti casa Misseri in una posizione diversa da quella in cui si trovava prima delle 14, come riscontrato da altre testimonianze.

Tra le testimonianze rilevanti ci fu anche quella di un amico delle cugine che, poco dopo la scomparsa di Sarah, raggiunse Sabrina per aiutarla nelle ricerche. A lui Sabrina riferì com’era vestita Sarah, anche se le due ragazze -stando alle dichiarazioni della stessa Sabrina- non si erano mai incontrate dopo pranzo, quando cioè Sarah si era cambiata. Concetta Serrano negò di aver raccontato alla nipote com’era vestita Sarah, dettaglio che -al tempo della descrizione fatta da Sabrina all’amico- era noto solo a chi si trovava in casa Scazzi. Quindi, come faceva Sabrina a saperlo?

Il "processo dei silenzi"

Il processo sul delitto di Avetrana è iniziato il 10 gennaio 2012 ed è terminato, al terzo grado di giudizio, il 21 febbraio 2017, con la conferma dei due ergastoli a Sabrina e Cosima, e 8 anni di reclusione per Michele Misseri, che alla fine fu condannato esclusivamente per soppressione di cadavere e inquinamento delle prove. Da febbraio 2024 Misseri è un uomo libero.

Il movente delle due donne possiamo leggerlo nella sentenza: "Il risentimento di Sabrina verso la cugina aveva generato il corto circuito emotivo e indotto l'omicidio, sorretto da dolo d'impeto, sull'onda della necessità, particolarmente sentita da Cosima, di salvaguardare l'immagine della figlia e della famiglia, punendo la nipote per il danno recato a Sabrina con la diffusione di un episodio privato ed intimo particolarmente imbarazzante".

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